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Codice Deontologico
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Istituzione delle causali contributo per il versamento dei contributi all’Inps da destinare ad Enti Bilaterali
Giovedì, 5 Dicembre , 2024

Con la risoluzione n. 57/E del 3 dicembre 2024 l’Agenzia delle Entrate ha istituito nuove causali tributo per il versamento, tramite modello F24, delle somme che l’Inps destinerà nelle casse di diversi Enti Bilaterali. Le nuove causali contributo richieste dall’Istituto di previdenza nazionale si aggiungono a quelle disposte con la risoluzione n. 49/E dello scorso 15 ottobre. Di seguito le nuove causali contributo:

  • EBNL ‘EBINAL - Ente Bilaterale Nazionale del Lavoro’
  • PREV ‘Fondo Sanitario PREVILAVORO ITALIA (PREVILAVORO ITALIA)’
  • SARC ‘Fondo Bilaterale di Assistenza Sanitaria - SANARCOM (SANARCOM)
  • EBOS ‘Ente Bilaterale Operatori Sicurezza - (EBILOS)’
  • MEDI ‘FONDO MEDIPREV - Fondo Integrativo del SSN (MEDIPREV)’
  • EBNU ‘Ente Bilaterale Nazionale di Unione (E.B.N.U.)’
  • EFAR ‘EBIFARM - Ente Bilaterale Nazionale Farmacie Private (EBIFARM)’
  • EBIO ‘Ente Bilaterale EN.BI.FO.SI. e O.P.N. EN.BI.FO.SI
  • EBMQ ‘Fondo EBM SALUTE (EBM SALUTE).

Prevista, inoltre, una modifica relativa al versamento della causale contributo da destinare all’Ente bilaterale nazionale intersettoriale lavoro (Ebinail). Al posto della causale contributo ‘Eint’, istituita con la risoluzione n. 49/E del 15 ottobre 2024, nel modello F24 va indicata la causale contributo ‘ENIL ‘EBINAIL - Ente Bilaterale Nazionale Intersettoriale Lavoro’.


(Vedi risoluzione n. 57 del 2024)

Istituzione dei codici tributo per il versamento delle somme dovute dai concessionari del settore dei giochi relative ai saldi per i concorsi pronostici sportivi dell’ippica
Giovedì, 5 Dicembre , 2024

Con una nota del 23 luglio 2024 l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha chiesto l’istituzione dei codici tributo per il versamento delle somme dovute dai concessionari del settore dei giochi relative ai saldi per i concorsi pronostici sportivi, per l’ippica nazionale, ippica internazionale e concorsi pronostici ippici, nonché per l’ippica d’agenzia.

L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 58/E del 3 dicembre 2024, ha provveduto a istituire i seguenti codici tributo:

  • ‘5506’ denominato ‘Saldo concorsi pronostici sportivi’;
  • ‘5507’ denominato ‘Sanzione per tardivo versamento del Saldo concorsi pronostici sportivi’;
  • ‘5508’ denominato ‘Interessi per tardivo versamento del Saldo concorsi pronostici sportivi’;
  • ‘5509’ denominato ‘Saldo ippica nazionale, ippica internazionale e concorsi pronostici ippici’;
  • ‘5510’denominato ‘Sanzione per tardivo versamento del Saldo ippica nazionale, ippica internazionale e concorsi pronostici ippici’;
  • ‘5511’ denominato ‘Interessi per tardivo versamento del Saldo ippica nazionale, ippica internazionale e concorsi pronostici ippici’;
  • ‘5512’ denominato ‘Saldo ippica d’agenzia’;
  • ‘5513’ denominato ‘Sanzione per tardivo versamento del Saldo ippica d’agenzia’;
  • ‘5514’ denominato ‘Interessi per tardivo versamento del Saldo ippica d’agenzia’.


(Vedi risoluzione n. 58 del 2024)

Istituzione dei codici tributo per l’utilizzo in compensazione dei crediti relativi a Superbonus, Sismabonus e bonus barriere architettoniche
Sabato, 30 Novembre , 2024

L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 55/E del 26 novembre 2024, ha istituito i codici tributo ‘7774’, ‘7775’ e ‘7776’ che le banche, gli intermediari finanziari e le imprese di assicurazione dovranno utilizzare in compensazione, tramite modello F24, delle ulteriori sei rate relative a Superbonus, Sismabonus e bonus barriere architettoniche.

I nuovi codici arrivano per effetto di quanto previsto dall’art. 121, comma 3-ter, del decreto Rilancio (Dl n. 34/2020) il quale dispone che le banche, le compagnie di assicurazione e gli intermediari finanziari sono tenuti a comunicare all’Agenzia delle Entrate, entro il 31 dicembre 2024, le rate degli anni 2025 e successivi dei crediti tracciabili ‘Superbonus’, ‘Sismabonus’ e ‘Bonus barriere architettoniche’ acquistate per un valore pari o superiore al 75% dell’importo delle corrispondenti detrazioni, per evitarne l’ulteriore ripartizione in 6 rate annuali.

Con il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate del 21 novembre 2024 sono state definite le modalità attuative del richiamato articolo 121 del decreto Rilancio e di presentazione della comunicazione.

Detto provvedimento dispone che le rate risultanti dall’ulteriore ripartizione prevista dal comma 3–ter devono essere utilizzate esclusivamente in compensazione, tramite modello F24, dal 1° gennaio al 31 dicembre dell’anno di riferimento.

I nuovi codici tributo sono i seguenti:

  • ‘7774’ denominato ‘Superbonus art. 119 DL 34/2020 - Ulteriore ripartizione in sei rate - Art. 121, comma 3-ter, DL 34/2020’;
  • ‘7775’ denominato ‘Sismabonus art. 16 DL 63/2013 - Ulteriore ripartizione in sei rate - Art. 121, comma 3-ter, DL 34/2020’;
  • ‘7776’ denominato ‘Bonus barriere architettoniche art. 119-ter DL 34/2020 - Ulteriore ripartizione in sei rate . Art. 121, comma 3-ter, DL 34/2020’.


(Vedi risoluzione n. 55 del 2024)

Istituzione dei codici tributo per l’utilizzo in compensazione del credito d’imposta per gli investimenti nel Sud effettuati dalle imprese agricole, della pesca e dell’acquacoltura
Sabato, 30 Novembre , 2024

Il decreto legge n. 63/2024 ha previsto che, in merito al credito d’imposta per gli investimenti effettuati dalle imprese del settore agricolo, della pesca e dell’acquacoltura fino al 31 dicembre 2023, si provvede nel limite massimo di 90 milioni di euro per l’anno 2024.

Il Direttore dell’Agenzia delle Entrate, con il provvedimento dello scorso 15 ottobre, ha approvato il modello di comunicazione per la fruizione del credito d’imposta in parola e ha definito le modalità per rispettare il tetto di spesa previsto.

Per consentire l’utilizzo in compensazione del credito d’imposta in argomento, tramite modello F24, l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 56/E del 26 novembre 2024, ha istituito il codice tributo ‘7036’ denominato ‘Credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno effettuati nell’anno 2023 dalle imprese del settore agricolo e di quello della pesca e dell’acquacoltura - Articolo 1, commi 98-108, legge 28 dicembre 2015 n. 208 e articolo 1, comma 8, del decreto legge 15 maggio 2024 n. 63’.

L’ammontare dell’agevolazione fruibile da ciascun beneficiario è visualizzabile tramite il cassetto fiscale del soggetto interessato.


(Vedi risoluzione n. 56 del 2024)

Bonus Natale - Modifiche in materia di benefici corrisposti ai lavoratori dipendenti
Venerdì, 22 Novembre , 2024

L’articolo 2 del decreto legge n. 167/2024 modifica il decreto Omnibus che ha previsto l’erogazione di una indennità di 100 euro, per l’anno 2024, a favore di taluni lavoratori dipendenti.

L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 22/E del 19 novembre 2024, fornisce le istruzioni operative agli Uffici, per garantirne l’uniformità di azione, in merito alle modifiche intervenute.

Le modifiche riguardano, in particolare, l’ambito soggettivo di applicazione della norma, estendendone la platea dei beneficiari. È previsto, infatti, che il bonus Natale spetta, fermi restando gli altri requisiti, al lavoratore dipendente che ha almeno un figlio, anche se nato fuori dal matrimonio riconosciuto, adottivo, affiliato o affidato.

Per beneficiare del bonus devono sussistere congiuntamente le seguenti condizioni:

  • Il reddito complessivo nel 2024 non deve superare i 28 mila euro;
  • Il lavoratore deve avere almeno un figlio fiscalmente a carico;
  • L’imposta lorda sui redditi percepiti da lavoratore dipendente deve essere di importo superiore a quello della detrazione spettante.

L’indennità in parola è riconosciuta al genitore, lavoratore dipendente, anche in presenza di figlio unico, purché sia fiscalmente a carico. Il bonus spetta anche in presenza di figli di età inferiore a 21 anni che siano fiscalmente a carico.

La novità è rappresentata dal fatto che, ai fini della spettanza del bonus, il lavoratore deve avere almeno un figlio, fiscalmente a carico. Contrariamente alla disposizione previgente il decreto legge n. 167/2024 nulla dispone in merito al coniuge o all’appartenenza al nucleo c.d. monogenitoriale. In altre parole per la spettanza del bonus non è più richiesto il requisito relativo al coniuge fiscalmente a carico o all'appartenenza a nucleo familiare monogenitoriale.

Ne deriva che, in presenza di almeno un figlio fiscalmente a carico, il bonus spetta al lavoratore dipendente, a prescindere dal fatto che questi sia o meno coniugato, legalmente ed effettivamente separato, divorziato, convivente o che appartenga a un nucleo familiare c.d. monogenitoriale.

Il nuovo comma 2-bis dell’articolo 2-bis del decreto Omnibus stabilisce che il lavoratore dipendente non ha diritto all’indennità in argomento se il proprio coniuge o convivente sia beneficiario della stessa indennità.

Per ottenere il bonus in esame, alla luce delle novità apportate dal decreto legge n. 167/2024, il sostituto d’imposta riconosce l’indennità su richiesta del lavoratore che attesta di avervi diritto mediante autocertificazione. Nella domanda deve indicare il codice fiscale del coniuge o del convivente e dei figli fiscalmente a carico. Sempre nella domanda il lavoratore dipendente deve attestare che il coniuge o il convivente non sia beneficiario del bonus.

Chi ha già presentato l’autocertificazione ai sensi della precedente formulazione dell’articolo 2-bis del decreto Omnibus non è tenuto a presentare un’ulteriore dichiarazione al sostituto d’imposta, salvo il caso in cui debba essere acquisito il codice fiscale del convivente, unitamente alla dichiarazione che quest’ultimo non sia beneficiario dell’indennità.

Il lavoratore ha la possibilità di beneficiare del bonus Natale anche nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno d’imposta 2024, da presentarsi nel 2025.

Naturalmente il beneficio indebito dell’indennità comporta la restituzione dello stesso da parte del lavoratore in sede di dichiarazione dei redditi.


(Vedi circolare n. 22 del 2024)

Investment Management Exemption - Istruzioni operative agli Uffici dell’Agenzia delle Entrate
Venerdì, 22 Novembre , 2024
Premessa

La legge di Bilancio per l’anno 2023 ha introdotto una presunzione legale in merito alla non configurabilità di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato di ciascuna delle entità che costituiscono una struttura di investimento non residente che si avvale di servizi, ancorché preliminari o accessori, riconducibili all’attività di investimento svolta a favore della predetta struttura e resi da altri soggetti, nel medesimo territorio.

La presunzione legale opera a beneficio delle c.d. ‘strutture di investimento’ andando a integrare, nell’ipotesi in cui vengano soddisfatte le condizioni previste per l’accesso alla Investment Management Exemption, (IME) lo status di agente indipendente della management company, che può essere un soggetto residente o non residente, anche operante in Italia tramite stabile organizzazione, nell’ambito della propria ordinaria attività e in nome e per conto della struttura di investimento, a concludere contratti di acquisto e/o di vendita e/o di negoziazione di strumenti finanziari, anche derivati e incluse le partecipazioni al capitale o al patrimonio, e di crediti.

La presunzione in parola non opera per le società di gestione per le quali è sempre possibile riscontrare la presenza di una stabile organizzazione in Italia. Tuttavia, anche in questo caso sarà necessario verificare che vi siano tutti i presupposti di fatto e di diritto affinché si configuri una stabile organizzazione in Italia del gestore e dovranno essere attentamente valutati anche i relativi redditi.

Con il provvedimento del 28 febbraio 2024 il Direttore dell’Agenzia delle Entrate ha definito le linee guida per l’applicazione delle disposizioni previste dall’articolo 110, comma 7, del Tuir alla remunerazione ricevuta per l’attività svolta nel territorio dello Stato dal soggetto residente, o dalla stabile organizzazione nel territorio dello Stato del soggetto non residente, che presta servizi nell’ambito di accordi con entità appartenenti al medesimo gruppo.

L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 23/E del 19 novembre 2024, ha fornito istruzioni operative agli Uffici per garantire l’uniformità di azione in merito alla disciplina IME.

Modalità di attuazione della disciplina IME

I soggetti coinvolti nella disciplina IME sono, da un lato, la struttura di investimento costituita dal veicolo di investimento non residente e le sue società controllate non residenti e, dall’altro, il soggetto, residente o non residente, anche operante tramite la propria stabile organizzazione nel territorio dello Stato, che svolge attività di gestione di investimenti in nome e per conto del veicolo.

Veicolo di investimento non residente e requisiti di indipendenza

Si considerano veicoli di investimento non residenti le entità che:

  • svolgono l’attività di gestione di investimenti di natura finanziaria per conto terzi;
  • sono soggette a forme di vigilanza nei Paesi esteri nei quali tali entità sono istituite;
  • sono caratterizzate dalla gestione degli investimenti per conto di un numero non limitato di partecipanti.

Le suddette caratteristiche sono idonee a garantire l’indipendenza del veicolo di investimento non residente rispetto agli investitori. Tale indipendenza assicura che gli investimenti operati tramite il veicolo di investimento non residente non siano riconducibili alla management company.

Tale condizione di indipendenza si considera rispettata nelle ipotesi in cui il veicolo di investimento non residente è:

  1. un organismo di investimento collettivo del risparmio, istituito in uno Stato membro della Ue o in uno Stato aderente all’accordo sullo spazio economico europeo che consente un adeguato scambio di informazioni;
  2. un organismo di investimento collettivo del risparmio, istituito in uno Stato o territorio di cui all’art. 11, comma 4, lett. c) Dlgs n. 239/1996;
  3. un ente, residente o localizzato in uno Stato o territorio compreso nell’elenco di cui all’art. 11, comma 4, lett. c) Dlgs n 239/1996, e soggetto a vigilanza prudenziale, che ha come oggetto esclusivo o principale lo svolgimento dell’attività di investimento del capitale raccolto presso terzi in base a una politica di investimento predeterminata, e nel quale sono rispettate le seguenti condizioni:

  1. nessun soggetto detiene una partecipazione al capitale sociale o al patrimonio superiore al 20%;
  2. il capitale raccolto è gestito in monte nell’interesse degli investitori e in autonomia dagli stessi.

In merito al requisito dell’assoggettamento a vigilanza prudenziale, tale requisito sussiste nelle ipotesi in cui, in riferimento all’organismo di investimento estero o al gestore, l’avvio dell’attività sia soggetto ad autorizzazione preventiva e l’esercizio dell’attività stessa sia sottoposto in via continuativa a controlli obbligatori da parte degli organi di vigilanza preposti.

Requisiti di indipendenza del gestore (asset manager)

In relazione all’indipendenza della management company rispetto al veicolo d’investimento la Relazione al Decreto evidenzia che il gestore patrimoniale, soggetto residente o non residente, deve garantire indipendenza rispetto al veicolo di investimento.

I requisiti di indipendenza sono soddisfatti nell’ipotesi in cui:

  • il gestore o il suoi dipendenti non ricoprano ruoli direttivi nel veicolo o nelle sue controllate;
  • il gestore, o i suoi dipendenti o amministratori, non detengano una partecipazione ai risultati economici del veicolo di investimento non residente, superiore al 25%, inclusi eventuali benefici indiretti derivanti da schemi di partecipazione ai risultati.

Ai fini della verifica del rispetto della soglia di partecipazione ai risultati economici del veicolo di investimento, il carried interest non va considerato integralmente nel periodo di imposta nel quale è stato distribuito ma deve essere ripartito pro quota per la durata dell’investimento. Nel calcolo il contribuente deve riassorbire, nel periodo di imposta in cui avviene la distribuzione, la differenza tra l’entità del carried interest effettivamente distribuito e la soglia massima di carried interest precedentemente computata.

L’asset manager può delegare a soggetti terzi, facenti parte o meno dello stesso gruppo e in possesso di competenze professionali specifiche, lo svolgimento di alcune funzioni connesse alla gestione degli OICR istituiti e gestiti dal gestore delegante in presenza di determinate condizioni. I mandati conferiti non hanno l’effetto di privare il gestore delegante delle proprie funzioni gestorie e di trasferirle in capo al soggetto delegato.

Idoneità della documentazione ai fini dell’applicazione della disciplina IME

La presunzione prevista dalla disciplina IME opera nel caso in cui il soggetto residente, o la stabile organizzazione nel territorio dello Stato del soggetto non residente, che presta servizi nell’ambito di accordi con entità appartenenti al medesimo gruppo riceva, per l’attività svolta nel territorio dello Stato, una remunerazione supportata da documentazione idonea.

La documentazione predisposta dal contribuente si considera idonea quando consente il riscontro della conformità al valore di libera concorrenza dei prezzi di trasferimento da parte del Fisco.

Anche ai fini della disciplina IME devono ritenersi applicabili le disposizioni contenute nel Decreto TP e nel Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 23 novembre 2020.

Ai fini della disciplina IME, la predetta documentazione dovrà fornire, per conseguire la richiesta idoneità, dati e elementi conoscitivi aggiuntivi, se richiesti dalle circostanze del caso, rispetto a quelli necessari ai sensi del Provvedimento del 23 novembre 2020, con le conseguenti ricadute in tema di penalty protection.

Di conseguenza, in sede di controllo si dovrà valutare che la documentazione sia stata predisposta secondo le indicazioni contenute nel Decreto TP e nel predetto Provvedimento del 23 novembre 2020.

Nell’ipotesi in cui l’Agenzia abbia espresso una valutazione positiva della documentazione esibita da parte del contribuente circa l’idoneità ai fini dell’applicazione della disciplina IME, l’eventuale rettifica del valore di libera concorrenza dei prezzi di trasferimento non determinerà il venir meno del em>safe harbour, così come della penalty protection.

Qualora, invece, la documentazione manchi o sia ritenuta non idonea ai fini della disciplina IME, il contribuente non potrà invocare l’applicazione del safe harbour, con la conseguenza che, qualora vi siano tutti i presupposti di diritto e di fatto e, qualora applicabile, l’Amministrazione finanziaria potrà contestare la presenza di una stabile organizzazione della struttura di investimento estera.


(Vedi circolare n. 23 del 2024)

Istruzioni operative agli uffici in materia di autotutela tributaria
Venerdì, 15 Novembre , 2024

Per garantire l’uniformità di azione, l’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 21/E del 7 novembre 2024, intende fornire istruzioni operative agli Uffici in merito all’esercizio del potere di autotutela tributaria, alla luce della nuova disciplina dell’istituto, contenuta negli articoli 10-quater e 10-quinquies dello Statuto dei diritti del contribuenti, introdotti dal decreto legislativo n. 219 del 30 dicembre 2023.

In particolare, il decreto legislativo in parola ha:

  • introdotto una regolamentazione distinta ed espressa delle ipotesi di autotutela obbligatoria e facoltativa;
  • abrogato la previgente disciplina in materia di autotutela tributaria.

Per tenere conto delle novità introdotte e coordinarle con le regole del contenzioso tributario, il decreto legislativo n. 220/2023 ha inserito nell’elenco degli atti impugnabili il rifiuto espresso o tacito sull’istanza di autotutela nei casi previsti dall’articolo 10-quater e il rifiuto espresso sull’istanza di autotutela nei casi previsti dall’articolo 10-quinquies, stabilendo che il ricorso avverso il rifiuto tacito può essere proposto dopo il novantesimo giorno dalla domanda di autotutela.

All’introduzione della nuova disciplina dell’autotutela ha fatto seguito, ad opera del decreto legislativo n. 87 del 14 giugno 2024, l’inserimento nel corpus del decreto legislativo 18 dicembre 1997 n. 472 dell’articolo 17-bis, rubricato ‘Definizione agevolata delle sanzioni in caso di autotutela parziale’.

Gli articoli 10-quater e 10-quinquies dello Statuto dei diritti del contribuente disciplinano l’istituto dell’autotutela tributaria, distinguendola in due categorie

  • autotutela obbligatoria
  • autotutela facoltativa.

L’autotutela obbligatoria ex art. 10-quater

L’articolo 10-quater dello Statuto dei diritti del contribuente fornisce una elencazione dei casi di manifesta illegittimità dell’atto o dell’imposizione, al ricorrere dei quali il fisco procede all’annullamento di atti di imposizione ovvero alla rinuncia all’imposizione. Tra i casi di manifesta illegittimità troviamo l’errore di persona, di calcolo, sull’individuazione del tributo, l’errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’Amministrazione finanziaria, l’errore sul presupposto d’imposta, la mancata considerazione di pagamenti di imposta regolarmente eseguiti e, da ultimo, la mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini ove previsti a pena di decadenza.

Il documento di prassi amministrativa precisa che l’Amministrazione finanziaria ha l’obbligo di esercitare il potere di autotutela di atti di imposizione quando ricorrano i vizi tassativamente elencati dalla stessa e sempre che gli stessi diano luogo a forme di manifesta illegittimità dell’atto o dell’imposizione.

L’obbligatorietà dell’autotutela deve escludersi in tutti i casi in cui la questione appaia dubbia, anche per l’esistenza di contrasti giurisprudenziali.

In caso di autotutela ad istanza di parte, il contribuente è tenuto ad indicare puntualmente il tipo di vizio da cui è affetto l’atto e le ragioni in virtù delle quali il predetto vizio sia riconducibile ad una delle fattispecie tassative di cui all’art. 10-quater.

Alla luce della ratio sottesa alla distinzione tra autotutela obbligatoria e autotutela facoltativa, la circolare ritiene che i vizi elencati dall’art. 10-quater, configurano ipotesi di autotutela obbligatoria laddove il loro apprezzamento non presupponga la soluzione di questioni interpretative incerte.

L’Amministrazione finanziaria è tenuta a rispondere all’istanza di autotutela obbligatoria entro il termine di 90 giorni dalla sua ricezione.

L’autotutela facoltativa ex art. 10-quinquies

L’articolo 10-quinquies dispone, invece, che in presenza di vizi dell’atto o dell’imposizione non riconducibili ad alcuna delle fattispecie elencate dall’articolo 10-quater, l’Amministrazione finanziaria può comunque annullare l’atto. L’autotutela facoltativa non può più essere esercitata in presenza di un giudicato sostanzialmente favorevole all’Amministrazione finanziaria o quando l’atto di imposizione è stato oggetto, anche parzialmente, di qualunque forma di definizione, anche agevolata.

LA PRESENTAZIONE DELLE RICHIESTE DI AUTOTUTELA Le modalità di presentazione della richiesta di autotutela

La richiesta di autotutela va indirizzata all’Ufficio che ha emesso l’atto di cui si chiede l’annullamento. Nell’ipotesi in cui il contribuente presenti, per errore, la richiesta a una struttura non competente, la struttura ricevente dovrà tempestivamente trasmetterla all’Ufficio competente, informandone contestualmente il contribuente.

Qualora l’atto oggetto della richiesta di autotutela appaia illegittimo o infondato, l’Ufficio ha il potere di disporre la sospensione amministrativa degli effetti dell’atto. Ciò, per evitare la produzione di effetti lesivi nei confronti del contribuente.

In ipotesi di autotutela obbligatoria, l’istanza - anche se presentata ad un Ufficio incompetente - deve, comunque, considerarsi idonea ad impedire la decadenza prevista dall’articolo 10-quater, comma 2, del termine annuale. Tuttavia, il dies a quo del termine di 90 giorni, decorso il quale, in ipotesi di autotutela obbligatoria, il contribuente può impugnare l’eventuale rifiuto tacito, deve essere individuato nel giorno in cui l’istanza è pervenuta all’Ufficio competente, il quale ne darà tempestiva comunicazione al contribuente.

La circolare ricorda che la presentazione delle richieste in autotutela non sospende né interrompe la decorrenza di alcun termine previsto dal legislatore, come quello per la proposizione del ricorso giurisdizionale.

L’istanza deve rappresentare in modo esaustivo tutti gli elementi su sui si fonda la richiesta di autotutela e va corredata di tutta la documentazione in possesso del richiedente idonea a dimostrare la sussistenza di vizi che giustificano la revisione dell’atto.

L’istanza deve essere presentata avvalendosi di strumenti atti a certificarne l’invio da parte del soggetto legittimato a presentarla, tramite l’uso dei servizi telematici (accesso tramite SPID, CIE o CNS), tramite posta elettronica certificata o in alternativa tramite consegna a mano con accesso fisico allo sportello.

La terza parte del documento di prassi amministrativa è dedicata allo svolgimento dell’istruttoria e all’adozione del provvedimento. La circolare si sofferma, in particolare, sulle modalità di svolgimento della fase istruttoria, sulla sospensione amministrativa dell’esecuzione dell’atto e sulla fase decisoria del procedimento di autotutela. Si rimanda al testo per una disamina più completa.

La definibilità delle sanzioni a seguito di provvedimento di autotutela parziale

L’articolo 17-bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997 n. 472 ha ripristinato la possibilità per il contribuente di avvalersi degli istituti di definizione agevolata delle sanzioni a seguito della notifica di un provvedimento di autotutela parziale.

Come si evince dal richiamato articolo 17-bis, il beneficio della definizione agevolata delle sanzioni può essere fruito solo in relazione a provvedimenti di autotutela parziale che abbiano ad oggetto atti di imposizione per i quali il contribuente abbia proposto ricorso o risulti ancora pendente il termine di impugnazione. In quest’ultimo caso, la definizione agevolata delle sanzioni deve avvenire entro il termine per la proposizione del ricorso.

Per beneficiare della riduzione delle sanzioni, la definizione agevolata deve perfezionarsi entro 60 giorni dalla notifica dell’atto oggetto di autotutela parziale. Ne consegue che non è possibile accedere alla definizione agevolata delle sanzioni nelle ipotesi in cui l’atto d’imposizione sia divenuto definitivo per mancata impugnazione da parte del contribuente.

Inoltre, per poter beneficiare della definizione agevolata delle sanzioni, l’articolo 17-bis richiede che il contribuente rinunci al ricorso. A tali fini assumono rilevanza non solo la rinuncia espressa al ricorso, ma anche comportamenti concludenti quali l’omessa notifica del medesimo e la mancata costituzione in giudizio, sempre che, ai fini della definizione, sia intervenuto il puntuale e tempestivo versamento degli importi dovuti in unica soluzione o della prima rata, in caso di rateazione.

La definizione agevolata delle sanzioni può avvenire esclusivamente ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo adesione e dell’articolo 16 del decreto legislativo sanzioni.

Non è possibile, invece, avvalersi della definizione di cui l’articolo 17 del medesimo decreto legislativo sanzioni, in quanto l’applicazione di tale disposizione fa salva la possibilità per il contribuente di impugnare la pretesa impositiva, laddove, invece l’articolo 17-bis condiziona la definizione agevolata delle sanzioni alla rinuncia al contenzioso.

Ai sensi del nuovo articolo 17-bis del decreto legislativo sanzioni, il contribuente può avvalersi della definizione agevolata soltanto nelle ipotesi in cui il provvedimento di autotutela parziale venga adottato dall’Ufficio prima della proposizione del ricorso.

Al riguardo si precisa che nelle ipotesi in cui il provvedimento di autotutela parziale intervenga dopo l’impugnazione dell’atto originario, la definizione agevolata delle sanzioni di cui ai richiamati articoli 15 del decreto legislativo adesione e 16 del decreto legislativo adesione deve avvenire entro il termine per l’eventuale impugnazione del predetto provvedimento di autotutela ovvero entro 60 giorni dalla sua notifica.

Infine, nel caso in cui il provvedimento di autotutela parziale sia notificato oltre la scadenza dei termini di impugnazione dell’atto d’imposizione e quest’ultimo si sia reso definitivo per mancata impugnazione, il contribuente non potrà usufruire di alcuna delle misure premiali previste.

Il versamento delle sanzioni in misura agevolata deve avvenire ‘alle medesime condizioni esistenti alla data di notifica dell’atto’.

LA RESPONSABILITA’ AMMINISTRATIVO-CONTABILE

Il legislatore della riforma fiscale ha previsto una norma speciale, derogatoria rispetto a quella generale, con la quale ha stabilito che ‘in caso di avvenuto esercizio dell’autotutela’, la responsabilità amministrativo-contabile è limitata alle sole ipotesi di dolo, escludendo quindi quelle di colpa grave.

Affinché sia configurabile una responsabilità del funzionario, che abbia disposto l’annullamento dell’atto o la rinuncia all’imposizione in assenza dei presupposti previsti dagli articoli 10-quater e 10-quinquies, il fatto dannoso deve essere sorretto dall’intenzione di procurare un danno all’erario; se, invece, l’erroneità delle valutazioni di fatto, compiute ai fini dell’esercizio del potere di autotutela obbligatoria o facoltativa, deriva da una grave violazione degli obblighi di diligenza, prudenza e perizia (ossia da ‘colpa grave’), la responsabilità è del tutto esclusa.


(Vedi circolare n. 21 del 2024)

Istituzione dei codici tributo per il versamento dell’Ecotassa
Venerdì, 15 Novembre , 2024

La legge 30 dicembre 2018 n. 145 ha previsto l’applicazione dal 1°marzo 2019 al 31 dicembre 2021 di un’imposta sull’acquisto e l’immatricolazione dei veicoli, parametrata al numero di grammi di biossido di carbonio emessi per chilometro dai veicoli stessi (c.d. Ecotassa).

Per consentire il versamento tramite il modello di versamento ‘F24 Versamenti con elementi identificativi’ (F24 ELIDE) dell’imposta dovuta a seguito delle attività di controllo, l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 53/E dell’11 novembre 2024 ha istituito i seguenti codici tributo:

  • ‘A600’ denominato ‘ECOTASSA - art. 1, commi 1042 e 1042-bis legge n. 145/2018 - Atto di accertamento’;
  • ‘A601’ denominato ‘ECOTASSA - art. 1, commi 1042 e 1042-bis legge n. 145/2018 - Atto di accertamento-sanzioni’;
  • ‘A602’ denominato ‘ECOTASSA - art. 1, commi 1042 e 1042-bis legge n. 145/2018 - Atto di accertamento-interessi’.


(Vedi risoluzione n. 53 del 2024)

Istituzione dei codici tributo per l’utilizzo in compensazione del credito maturato per effetto dell’erogazione del bonus Natale
Venerdì, 15 Novembre , 2024

Il decreto legge n. 113 del 9 agosto 2024 riconosce, per l’anno d’imposta 2024, un’indennità una tantum di 100 euro a favore dei lavoratori dipendenti. Il bonus è riconosciuto dai datori di lavoro ai lavoratori che ne facciano richiesta e che siano in possesso dei requisiti necessari.

Questa nuova indennità viene corrisposta unitamente alla tredicesima mensilità.

I sostituti d’imposta recupereranno le somme erogate sotto forma di credito da utilizzare in compensazione, a partire dal giorno successivo all’erogazione in busta paga dell’indennità.

Per consentire ai sostituti d’imposta di utilizzare in compensazione il suddetto credito, l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n.54/E del 13 novembre 2024, ha istituito i seguenti codici tributo da utilizzare nei modelli F24 e F24 ‘Enti pubblici’ (F24 EP).

Per il modello F24 il codice tributo è denominato ‘1703- Credito maturato dai sostituti d’imposta per l’erogazione del bonus ai lavoratori dipendenti- art. 2-bis Dl 9 agosto 2024 n. 113’.

Per il modello F24 ‘Enti pubblici’ (F24 EP) il codice tributo è denominato ‘174E Credito maturato dai sostituti d’imposta per l’erogazione del bonus ai lavoratori dipendenti- art. 2-bis Dl 9 agosto 2024 n. 113’.


(Vedi risoluzione n. 54 del 2024)

Istituzione del codice tributo per il versamento dell’importo annuo dovuto per l’iscrizione all’albo dei punti vendita di ricariche dei conti di gioco
Giovedì, 7 Novembre , 2024

Il decreto del Mef del 18 luglio 2003 consente la riscossione delle entrate tributarie ed extratributarie di pertinenza dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli con le modalità previste dall’art. 17 del decreto legislativo n. 241/1997. Con una nota dello scorso 9 agosto l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha chiesto l’istituzione del codice tributo per il versamento, mediante modello F24 Accise, dell’importo annuo dovuto per l’iscrizione all’albo dei punti vendita di ricariche dei conti di gioco.

L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 51/E del 25 ottobre 2024, ha istituito il codice tributo ‘5505’ denominato ‘Versamento importo annuale per l’iscrizione all’albo dei punti vendita di ricariche dei conti di gioco di cui all’articolo 13, comma 2, del decreto legislativo 25 marzo 2024 n. 41’.


(Vedi risoluzione n. 51 del 2024)

Istituzione del codice tributo per l’utilizzo in compensazione del credito d’imposta per l’installazione di impianti GPL e metano per autotrazione su autoveicoli di categoria M1
Giovedì, 7 Novembre , 2024

Per l’installazione di impianti GPL e metano per autotrazione su autoveicoli di categoria M1 è previsto un contributo che le imprese costruttrici degli impianti rimborsano all’installatore. Il rimborso è pari all’importo del contributo corrisposto al beneficiario dell’impianto mediante compensazione con il prezzo, recuperando tale importo sotto forma di credito d’imposta, utilizzabile in compensazione, tramite mod. F24 da presentare esclusivamente tramite i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate.

Le disposizioni attuative del credito d’imposta in parola sono contenute nel decreto del Ministero delle Imprese e del Made in Italy del 3 giugno 2024. Il Ministero trasmette all’Agenzia delle Entrate l’elenco delle imprese costruttrici o importatrici ammesse a fruire dell’agevolazione e l’importo del credito concesso, nonché le eventuali variazioni e revoche, anche parziali.

Per consentire l’utilizzo in compensazione della suddetta agevolazione, tramite modello F24 da presentare esclusivamente online, l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 52/E del 25 ottobre 2024, ha istituito il codice tributo ‘7071’ denominato ‘ECO-BONUS VEICOLI CAT. M1, installazione di impianti a GPL e metano per autotrazione - Recupero del contributo statale sotto forma di credito d’imposta - articolo 5 del DPCM 20 maggio 2024’.

Sempre con la risoluzione n. 52/E/2024 l’Agenzia delle Entrate provvede a ridenominare il codice tributo ‘6903’ come segue: ‘ECO-BONUS VEICOLI CAT. M1, N1, M1 speciali e N2 - Recupero del contributo statale sotto forma di credito d’imposta - articolo 1, comma 1031, L. n. 145/2018, articolo 1, comma 657, L. n. 178/2020, articolo 2, comma 1, lettera f) del DPCM 6 aprile 2022 e articolo 2, comma 1, lettera e) del DPCM 20 maggio 2024’.


(Vedi risoluzione n. 52 del 2024)

Istruzioni operative in materia di residenza fiscale delle persone fisiche e delle società ed enti a seguito delle modifiche del Dlgs n. 209/2023
Giovedì, 7 Novembre , 2024

L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 20/E del 4 novembre 2024, ha fornito istruzioni operative agli Uffici, per garantire l’uniformità di azione in merito alle novità introdotte dal Decreto legislativo n. 209 del 27 dicembre 2023 che ha dato attuazione a taluni degli interventi previsti dalla Legge delega (legge n. 111/2023) con la quale è stata conferita all’Esecutivo la delega per la revisione del sistema tributario nazionale, al fine di improntarlo ad una maggiore coerenza e uniformità con i principi previsti dalla Ue, dall’Ocse e dalle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni sottoscritte dall’Italia.

La legge delega prevede la revisione della normativa in materia di residenza fiscale delle persone fisiche e delle società ed enti. Unitamente alla finalità di armonizzare la normativa a livello internazionale, le modifiche perseguono anche l’obiettivo di garantire maggiore certezza giuridica e di ridurre i contenziosi.

I cambiamenti introdotti sono di grande rilevanza perché incidono sul radicamento della residenza fiscale in Italia, presupposto impositivo fondamentale per il nostro ordinamento, basato sul principio della tassazione del reddito mondiale (c.d. worldwide taxation principle).

Ricordiamo che i residenti in Italia sono tassati nel nostro Paese su tutti i redditi, ovunque prodotti, mentre i non residenti sono assoggettati a tassazione per i soli redditi che si considerano prodotti nel territorio dello Stato.

Per le persone fisiche il Decreto legislativo n. 209 ha previsto significative novità, scindendo la nozione fiscale di domicilio dall’accezione civilistica a cui era ricondotta, prevedendo un criterio del tutto nuovo consistente nella presenza fisica nel territorio dello Stato e attribuendo al dato formale dell’iscrizione anagrafica la valenza di presunzione relativa.

Per le società e gli enti il Decreto legislativo ha espunto il criterio dell’oggetto principale e il presupposto della sede dell’amministrazione è stato declinato nei concetti della ‘sede di direzione effettiva’ e della ‘gestione ordinaria in via principale’.

Sia per le persone fisiche che per le società e gli enti, l’accertamento della residenza fiscale presuppone il riscontro di elementi fattuali che non può essere operato in sede di interpello.

Parte I. La residenza delle persone fisiche

La prima parte della circolare, dopo un breve excursus sulla disciplina della residenza vigente fino allo scorso 31 dicembre, illustra le novità introdotte dall’articolo 2 del Tuir a partire dal periodo d’imposta 2024.

Il Decreto ha introdotto una nuova definizione di residenza fiscale per le persone fisiche ai fini delle imposte sui redditi. La riforma conserva l’impianto proprio del Tuir secondo il quale la residenza fiscale delle persone fisiche si considera in Italia al ricorrere alternativo, per la maggior parte del periodo d’imposta, di uno dei criteri di collegamento indicati dalla norma. Trova conferma che ai fini del computo della maggior parte del periodo d’imposta si ha riguardo anche a periodi non consecutivi nel corso dell’anno, sommandoli tra loro. Pertanto, ai fini della residenza fiscale in Italia, non occorre che i criteri di collegamento richiesti dalla norma ricorrano in modo continuativo ed ininterrotto, ma basta che si verifichino per 183 (o 184 in caso di anno bisestile) giorni nel corso di un anno solare.

La riforma non ha modificato il criterio di collegamento consistente nella configurazione della ‘residenza ai sensi del codice civile’ nel territorio dello Stato, in relazione al quale restano validi i chiarimenti già forniti nella prassi dell’Agenzia delle Entrate e dalla giurisprudenza di legittimità.

Il legislatore ha apportato modifiche ai criteri del domicilio e dell’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente e ha introdotto un nuovo criterio che consiste nella presenza fisica nel territorio dello Stato.

In merito al domicilio il nuovo articolo 2, comma 2, del Tuir ha fornito una nuova definizione, secondo la quale ‘per domicilio si intende il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona’. La nuova definizione privilegia le relazioni personali e familiari rispetto a quelle economiche, consentendo, altresì, di risolvere, a partire dal periodo d’imposta 2024, le incertezze che si sono venute a creare negli anni in virtù del rinvio nel previgente articolo 2 del Tuir al domicilio civilistico.

La circolare chiarisce che nella nozione di ‘relazioni personali e familiari’ rientrano i rapporti disciplinati dalle vigenti disposizioni normative (ad esempio il rapporto di coniugio o il rapporto di unione civile) e le relazioni personali connotate da un carattere di stabilità. Può assumere rilievo anche la dimensione stabile dei rapporti sociali del contribuente nella misura in cui risulti da elementi certi.

Al fine di valutare la configurazione del domicilio di una persona nel nostro Stato, si devono considerare anche le condotte con le quali una persona manifesta con atti concreti la volontà di mantenere un legame effettivo con il territorio italiano.

Il nuovo criterio di radicamento della residenza basato sulla presenza fisica in Italia è un criterio oggettivo che richiede la presenza fisica di un soggetto nel territorio dello Stato italiano, a prescindere dalle motivazioni di tale presenza. Pensiamo, ad esempio, alla persona fisica che trascorre in Italia la maggior parte del periodo d’imposta, anche se in modalità frazionata, per vacanza o per motivi di studio. Pensiamo anche a chi viene a svolgere la propria attività lavorativa nel territorio dello Stato, pur mantenendo la residenza, la famiglia e gli altri legami affettivi all’estero.

Trattandosi di un dato fattuale, la presenza fisica può essere riscontrata in base a elementi che ne attestano la materiale permanenza nel territorio dello Stato, anche non continuativa, per un preciso numero di giorni o frazioni di giorno.

Qualora la presenza fisica risulti da una pluralità di dati fattuali, il contribuente potrà dimostrare di avere effettivamente trascorso in Italia periodi che, cumulativamente considerati, non consentono di raggiungere il limite minimo di permanenza nel nostro Paese per la configurazione della residenza in Italia. In relazione al criterio della presenza fisica, ai fini del conteggio della permanenza nel territorio dello Stato, rilevano anche le frazioni di giorno.

In merito alle modalità di calcolo, per stabilire se è integrato il presupposto della maggior parte del periodo d’imposta, occorre procedere a un riscontro puntuale. In particolare, ai fini del calcolo complessivo della presenza fisica nel territorio dello Stato, si tiene conto della permanenza entro i confini nazionali per una qualunque frazione di giorno.

Per effetto delle nuove norme, la permanenza in Italia del lavoratore in smart working per 183 (o 184 giorni, in caso di anno bisestile) giorni determina, di per sé, la residenza fiscale nel nostro Paese. Nel caso in cui il lavoratore in smart working abbia radicato la propria residenza fiscale nel territorio dello Stato, dovrà assoggettare a tassazione in Italia tutti i suoi redditi, ovunque prodotti, e non solo quelli derivanti dalla propria attività lavorativa. Per quanto concerne i lavoratori in smart working dall’estero, resta inteso che integrano la residenza fiscale in Italia anche le persone fisiche che, pur lavorando in smart working da uno Stato estero, dove sono fisicamente presenti per 183 giorni l’anno (184 giorni se anno bisestile), soddisfino per la maggior parte del periodo d’imposta almeno uno degli altri tre criteri di collegamento individuati dall’articolo 2, comma 2, del Tuir.

Su imput del diritto internazionale il decreto ha conferito efficacia di presunzione relativa al criterio dell’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente. Le disposizioni previgenti parlavano, invece, di una presunzione assoluta. Grazie a questa modifica i contribuenti ora hanno la possibilità di dimostrare che il dato formale è disatteso da una differente situazione fattuale. Di conseguenza, gli iscritti nell’anagrafe della popolazione residente per la maggior parte del periodo d’imposta continuano ad essere considerati fiscalmente residenti in Italia, a meno che non dimostrino che l’iscrizione anagrafica non corrisponde ad una residenza effettiva in Italia.

Sulla base di elementi oggettivamente riscontrabili, il contribuente è in grado di dimostrare che, per la maggior parte del periodo d’imposta, non ha avuto in Italia né la residenza civilistica, né il domicilio e non è stato presente fisicamente nel territorio dello Stato.

Continua, invece, a trovare applicazione la presunzione legale relativa di residenza fiscale in Italia per i cittadini italiani ‘cancellati dalle anagrafi della popolazione residente’ e trasferiti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato. La lista dei Paesi interessati dalla presunzione è stata aggiornata dal decreto del Mef del 20 luglio 2023.

Il Decreto dispone che le nuove regole trovano applicazione a partire dal 1°gennaio 2024. Pertanto, la nuova definizione di residenza fiscale italiana vale a partire dal periodo d’imposta 2024. Per i periodi d’imposta fino al 2023 resta, invece, applicabile la vecchia disciplina prevista nel previgente articolo 2, comma 2, del Tuir.

Il documento di prassi amministrativa si sofferma sui rapporti tra la normativa interna e la disciplina contenuta nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia con i Paesi esteri. La prevalenza del diritto convenzionale sul diritto interno è pacificamente riconosciuta e, in ambito tributario, sancita dall’art 169 del Tuir e dall’art. 75 Dpr n. 600/1973.

In merito alle persone fisiche, l’art. 4 del Modello di Convenzione Ocse individua la residenza fiscale ai fini convenzionali rimandando alla definizione adottata nella legislazione interna di ciascuno degli Stati contraenti.

Nei casi in cui le normative interne dei Paesi contraenti entrino in conflitto, qualificando entrambe una persona come residente ai fini fiscali nel rispettivo Stato, trova applicazione il paragrafo 2 che prevede l’applicazione al caso concreto di specifiche regole (tie breaker rules) che consentono di attribuire la residenza ad uno solo dei due Paesi.

Le novità introdotte dal Decreto possono dar vita a fattispecie inedite di conflitto sulla residenza che richiederanno di essere risolte con l’applicazione delle tie breaker rules ovvero con le regole convenzionali.

Un caso che viene in rilievo è quello dei lavoratori frontalieri provenienti da Paesi confinanti con l’Italia, che, essendo presenti nel nostro Stato nella maggior parte dei giorni dell’anno, sono suscettibili di integrare il nuovo criterio di radicamento della residenza in Italia basato sulla presenza fisica. La circolare chiarisce che in tale ipotesi, il conflitto di residenza con l’Italia potrà essere risolto facendo applicazione delle tie breaker rules contenute nella Convenzione contro le doppie imposizioni.

Parte II. La residenza delle società e degli enti

Nella seconda parte della circolare l’Agenzia delle Entrate si sofferma sulla trattazione dei nuovi criteri di radicamento della residenza fiscale di società ed enti, illustrando la vecchia disciplina e quella in vigore prevista dall’articolo 73, commi 3 e 5, lettera d) del Tuir.

Le nuove regole dispongono che sono considerati residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo d’imposta hanno nel territorio dello Stato la sede legale o la sede di direzione effettiva o la gestione ordinaria in via principale. Si tratta di tre criteri alternativi tra loro. Ciò significa che è sufficiente uno solo di essi per configurare la residenza in Italia. L’importante è che la sussistenza del criterio si protragga per la maggior parte del periodo d’imposta.

La nuova formulazione delle disposizioni in commento ha degradato da assoluta a relativa la presunzione di residenza fiscale in Italia dei trust, consentendo al contribuente di fornire prova contraria della residenza fiscale del trust.

La sede di direzione effettiva e la sede di gestione ordinaria in via principale diventano i nuovi criteri di collegamento della residenza fiscale in Italia. In continuità con le previsioni della normativa previgente, resta invariato il criterio formale della sede legale in Italia e restano immutate la regola dell’alternatività dei tre criteri, bastandone uno solo per configurare la residenza in Italia, e la necessità che la sussistenza del criterio si protragga per la maggior parte del periodo d’imposta.

Criterio della sede di direzione effettiva. L’articolo 73, comma 3, del Tuir fornisce una nuova definizione di sede di direzione effettiva stabilendo che: ‘s’intende la continua e coordinata assunzione delle decisioni strategiche riguardanti la società o l’ente nel suo complesso’. La circolare specifica che non rileva ai fini della determinazione della residenza fiscale in Italia il luogo in cui sono assunte le decisioni da parte dei soci, fatta eccezione per quelle aventi contenuto gestorio.

Il criterio di nuova introduzione riferito alla sede della gestione ordinaria in via principale ha una autonoma rilevanza e si pone in rapporto di alternatività con il criterio della sede di direzione effettiva. Per gestione ordinaria in via principale va inteso ‘il continuo e coordinato compimento degli atti della gestione corrente riguardanti la società o l’ente nel suo complesso’.

L’introduzione dei criteri di collegamento della sede di direzione effettiva e della sede di gestione ordinaria in via principale mira a garantire maggior certezza giuridica nei rapporti tra fisco e contribuente, ancorando il presupposto di residenza fiscale in Italia di società ed enti ad elementi concreti e fattuali, in un’ottica di prevalenza della sostanza sulla forma.

La nuova disciplina trova applicazione a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 29 dicembre 2023. Pertanto, si applica dal 1°gennaio 2024 per le società e gli enti aventi l’esercizio d’impresa coincidente con l’anno solare.

Per le società o gli enti con esercizio non coincidente con l’anno solare la nuova determinazione della residenza fiscale è efficace dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 29 dicembre 2023, mentre continua a trovare applicazione la disciplina previgente nel periodo d’imposta in corso fino alla chiusura dell’esercizio a cavallo d’anno.


(Vedi circolare n. 20 del 2024)

Istituzione delle causali contributo per il versamento dei contributi a favore dell’Inps da destinare ad Enti Bilaterali
Venerdì, 18 Ottobre , 2024
Con convenzioni stipulate tra l’Inps e gli Enti Bilaterali, i Fondi e le Casse aventi caratteri di bilateralità è regolato il servizio di riscossione, mediante modello F24, dei contributi a favore dell’Inps, che successivamente provvede al riconoscimento delle somme di rispettiva competenza agli stessi Enti Bilaterali. A seguito della richiesta dell’Inps, per consentire il versamento dei suddetti contributi, l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 49/E del 15 ottobre 2024, ha istituito una serie di causali contributo che saranno operative a decorrere dal 4 novembre 2024.
(Vedi risoluzione n. 49 del 2024)

Concordato preventivo biennale - Versamento dell’imposta sostitutiva in regime di ravvedimento
Venerdì, 18 Ottobre , 2024
I contribuenti che aderiscono al ravvedimento speciale disciplinato dal decreto legge n 113/2024, effettuano il versamento, tramite modello F24, dell’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e delle relative addizionali nonché dell’imposta regionale sulle attività produttive utilizzando i codici tributo: ‘4074’per persone fisiche, ‘4975’ per soggetti diversi da persone fisiche e ‘4076’ Imposta sostitutiva Irap. In caso di pagamento rateale il versamento degli interessi è eseguito con i codici tributo già esistenti ‘1668’, in caso di utilizzo dei codici tributo ‘4074’ e ‘4075’, e ‘3805’ in caso di utilizzo del codice ‘4076’.
(Vedi risoluzione n. 50 del 2024)

Disposizioni in materia di benefici corrisposti ai lavoratori dipendenti
Venerdì, 11 Ottobre , 2024
Premessa

Il decreto legge Omnibus, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 143/2024, ha previsto un contributo una tantum per l’anno 2024, dell’importo di 100 euro a favore di lavoratori dipendenti che si trovano in particolari condizioni economiche e familiari. L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 19/E del 10 ottobre 2024, ha fornito le istruzioni operative agli Uffici, per garantirne l’uniformità di azione, in merito alla disposizione descritta.

Presupposti soggettivi e oggettivi

Per aver diritto al bonus da 100 euro, detto bonus ‘Natale’ i lavoratori dipendenti devono avere, nell’anno d’imposta 2024, un reddito complessivo non superiore a 28 mila euro, devono essere sposati ed avere figlio e coniuge fiscalmente a carico. L’alternativa è rappresentata da almeno un figlio, fiscalmente a carico, e un nucleo familiare monogenitoriale. È necessario, inoltre, che i lavoratori dipendenti abbiano un’imposta lorda, determinata sui redditi di lavoro dipendente, di importo superiore a quello della detrazione spettante ai sensi dell’art. 13, comma 1, del Tuir.

Ai fini del riconoscimento del bonus in parola occorre essere titolari di un reddito di lavoro dipendente nel corso del 2024, a nulla rileva se trattasi di rapporto di lavoro a tempo determinato o indeterminato. Non beneficiano del bonus i titolari di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, di cui all’art. 50 del Tuir.

L’articolo 2-bis del decreto Omnibus dispone che il bonus in esame non concorre alla formazione del reddito complessivo ai fini Irpef e viene riproporzionato nel quantum in funzione del periodo di lavoro del dipendente nell’anno d’imposta 2024.

I giorni per i quali spetta l’indennità coincidono con quelli che hanno dato diritto alla retribuzione. In ogni caso, nessuna riduzione del bonus deve essere effettuata in presenza di particolari modalità di articolazione dell’orario di lavoro (ad es. il part-time verticale, orizzontale o ciclico). In presenza di più redditi di lavoro dipendente, nel calcolare il numero dei giorni per i quali spetta il bonus, vanno computati una sola volta i giorni compresi in periodi contemporanei.

In merito al requisito reddituale la circolare evidenzia che, ai fini del calcolo del reddito complessivo, bisogna considerare l’ammontare del c.d. reddito di riferimento. Nel calcolo del reddito complessivo da utilizzare per la determinazione delle agevolazioni fiscali, ivi incluso il bonus in parola, si tiene conto anche dei redditi assoggettati a cedolare secca, dei redditi assoggettati a imposta sostitutiva in applicazione del regime forfetario per gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni, della quota di agevolazione ACE e delle mance elargite dai clienti ai lavoratori impiegati nelle strutture ricettive.

Nella determinazione del predetto reddito complessivo rileva anche la quota esente dei redditi agevolati relativi agli incentivi per il rientro in Italia di ricercatori residenti all’estero, come pure il regime speciale per i lavoratori impatriati. Non si considera, invece, il reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e quello delle relative pertinenze.

In merito al nucleo familiare c.d. monogenitoriale il documento di prassi amministrativa precisa che questo sussiste qualora, alternativamente, l’altro genitore è deceduto, non abbia riconosciuto il figlio nato fuori dal matrimonio oppure il figlio è stato adottato da un solo genitore (destinatario del bonus) o affidato o affiliato a un solo genitore (destinatario del bonus).

In queste ipotesi il bonus spetta all’unico genitore non coniugato o, se coniugato, successivamente separatosi legalmente ed effettivamente. In questi casi che si connotano per la presenza di un solo genitore, la convivenza more uxorio non preclude la spettanza del bonus.

Diversamente l’indennità non spetta se l’altro genitore convivente non può essere considerato coniuge fiscalmente a carico e se non si è in presenza di una famiglia monogenitoriale in quanto il figlio è stato riconosciuto da entrambi i genitori.

Ai fini del riconoscimento del bonus di 1.000 euro (detto bonus ‘Natale’) è necessaria la previa verifica della ‘capienza’ dell’imposta lorda determinata sui redditi da lavoro dipendente rispetto alla detrazione spettante per la stessa tipologia reddituale, con riferimento al medesimo periodo d’imposta, ovvero il 2024.

Adempimenti del datore di lavoro e del lavoratore

Il sostituto d’imposta pubblico o privato riconosce il bonus unitamente alla tredicesima mensilità su richiesta del lavoratore dipendente, che attesta per iscritto di avervi diritto, indicando il codice fiscale del coniuge e dei figli fiscalmente a carico o dei soli figli in caso di nucleo familiare monogenitoriale.

Se nel corso del 2024 il lavoratore ha svolto più attività di lavoro dipendente con datori di lavoro diversi, lo stesso deve presentare domanda all’ultimo datore di lavoro, ovvero a colui che materialmente eroga il bonus con la tredicesima mensilità.

Qualora il lavoratore abbia più contratti di lavoro dipendente di part-time in essere, l’indennità è erogata dal sostituto d’imposta individuato dal lavoratore. A tal fine, il lavoratore dovrà indicare nella dichiarazione sostitutiva anche tutti i dati necessari per la determinazione del bonus.

Il sostituto d’imposta riconosce l’indennità unitamente alla tredicesima mensilità e le somme erogate al lavoratore dipendente sono recuperate sotto forma di credito da utilizzare in compensazione, a partire dal giorno successivo all’erogazione in busta paga dell’indennità.

Successivamente all’erogazione, il sostituto verifica la spettanza dell’indennità e provvede al recupero nel caso in cui la stessa risulti non spettante.

Come disciplinato dal decreto Omnibus il bonus è rideterminato nella dichiarazione dei redditi presentata dal lavoratore dipendente ed è computato nella determinazione del saldo Irpef.

In particolare è previsto che qualora il lavoratore, pur avendo diritto all’indennità, abbia percepito redditi di lavoro dipendente non assoggettati a ritenuta fiscale perché privi di sostituto d’imposta, ovvero non abbia ricevuto il bonus dal sostituto d’imposta nonostante la sua spettanza, lo stesso può beneficiare dell’indennità nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno d’imposta 2024, da presentarsi nel 2025.

Analogamente la circolare ritiene che il lavoratore dipendente che ha cessato l’attività lavorativa nel corso del 2024 può beneficiare dell’indennità direttamente nella dichiarazione dei redditi riferita all’anno d’imposta 2024.

Qualora il lavoratore dipendente abbia, invece, beneficiato dell’indennità in assenza dei presupposti di legge o in misura superiore a quella spettante e non sia più possibile per il sostituto d’imposta effettuare il conguaglio a debito, il lavoratore deve restituire, nella dichiarazione dei redditi, l’ammontare del bonus indebitamente ricevuto.


(Vedi circolare n. 19 del 2024)

Disciplina del Concordato Preventivo Biennale
Venerdì, 27 Settembre , 2024

L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 18/E del 17 settembre 2024, fornisce istruzioni operative agli Uffici in merito al nuovo istituto del Concordato preventivo biennale. Come chiarito nella legge delega, l’istituto si inserisce tra le diverse misure ‘finalizzate a razionalizzare gli obblighi dichiarativi e favorire l’adempimento spontaneo’. Il documento di prassi amministrativa è articolato in questo modo:

  • la prima parte introduttiva, illustra gli aspetti del nuovo istituto;
  • la parte centrale è dedicata ai contribuenti che applicano gli ISA e a quelli che aderiscono al regime forfetario;
  • la parte conclusiva descrive ulteriori elementi e fornisce chiarimenti su quesiti che investono il Concordato preventivo biennale.

Condizioni per accedere al Concordato

Possono accedere al Concordato preventivo biennale (CPB) i contribuenti tenuti all’applicazione degli ISA o che applicano il regime forfetario per i quali non si verificano le cause ostative previste dal decreto CPB.

Le condizioni ostative possono essere così riassunte:

  1. presenza di debiti maturati in anni precedenti riferiti a tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate o a debiti contributivi. Deve trattarsi di debiti definitivamente accertati con sentenza irrevocabile o con atti impositivi non più soggetti a impugnazione. Possono comunque accedere al Concordato i contribuenti che entro i termini previsti per aderire allo stesso abbiano estinto i predetti debiti in misura tale che il residuo dovuto risulti inferiore a 5 mila euro.
  2. non aver presentato la dichiarazione dei redditi in relazione ad almeno uno dei tre periodi d’imposta precedenti a quelli di applicazione del concordato, in presenza dell’obbligo a effettuare tale adempimento.
  3. aver ricevuto una condanna per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000 n. 74, dall’articolo 2621 c.c., nonché dagli articoli 648-bis, 648-ter e 648-ter 1 del Codice penale, commessi negli ultimi tre periodi d’imposta antecedenti a quelli di applicazione del Concordato.

La ratio delle condizioni previste in questo primo raggruppamento è quella di precludere la possibilità di accedere al Concordato preventivo biennale nei casi in cui ricorrono fattispecie che potrebbero essere considerate sintomatiche di situazioni di scarsa affidabilità tali da minare il presupposto essenziale della reciproca trasparenza tra contribuente e Fisco, su cui l’istituto si fonda.

La seconda tipologia di condizioni ostative concerne fattispecie riferibili al periodo d’imposta precedente a quelli cui si riferisce la proposta: aver conseguito, nell’esercizio d’impresa o di arti e professioni, redditi o quote di redditi, comunque denominati, in tutto o in parte, esenti, esclusi o non concorrenti alla base imponibile, in misura superiore al 40% del reddito derivante dall’esercizio d’impresa o di arti e professioni.

Il terzo e ultimo raggruppamento di condizioni riguarda le situazioni che si verificano nel corso del primo periodo d’imposta oggetto del concordato, e cioé:

  • aver aderito, per il primo periodo d’imposta oggetto del concordato, al regime forfetario, della legge forfetari;
  • (per le società o gli enti) essere stati interessati da operazioni di fusione, scissione, conferimento nel primo anno cui si riferisce la proposta di concordato, ovvero, nel caso di società o associazioni di cui all’art. 5 Tuir, non essere state interessate da modifiche della compagine sociale.

Queste condizioni hanno l’obiettivo di evitare distorsioni nel meccanismo applicativo dell’istituto e hanno la finalità di garantire che, tra il momento in cui è definita la proposta e le annualità in cui la proposta trova applicazione, non intervengano significative modifiche alla soggettività del contribuente che ha aderito al Concordato fiscale.

Assenza di debiti tributari o contributivi

In merito alla condizione relativa all’assenza di debiti tributari o contributivi di importo complessivamente pari o superiore a 5 mila euro, la circolare fa presente che non concorrono al predetto limite i debiti oggetto di provvedimento di sospensione o di rateazione fino a decadenza dei relativi benefici secondo le specifiche disposizioni applicabili. Il vincolo ostativo relativo alla soglia di 5 mila euro riguarda il complessivo ammontare dei debiti tributari o debiti contributivi del contribuente, anche nel caso in cui esso sia composto da singoli debiti di importo unitario inferiore a detta soglia.

Qualora il contribuente, per aderire alla proposta di concordato, fosse intenzionato a rimuovere la causa ostativa all’accesso all’istituto mediante l’estinzione del debito, ovvero della parte di esso eccedente i 5 mila euro, dovrà avere cura di effettuarlo in un momento precedente a quello di accettazione della proposta.

Nella relazione illustrativa alla norma è precisato che per tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, si intendono i debiti derivanti:

  1. dalla notifica di atti impositivi, conseguenti ad attività di controllo degli uffici e ad attività di liquidazione degli uffici;
  2. dalla notifica di cartelle di pagamento concernenti pretese tributarie, oggetto di comunicazioni di irregolarità emesse a seguito di controllo automatizzato o formale della dichiarazione.

Deve trattarsi in ogni caso di debiti scaturenti dalla notifica degli atti precedentemente indicati che al 31 dicembre 2023 sono divenuti definitivi in base a sentenza passata in giudicato o perché non più soggetti a impugnazione. Non rilevano, dunque, i debiti per i quali alla data sopra indicata pendono ancora i termini di pagamento e/o i termini di impugnazione o sussiste contenzioso ancora pendente. Non rilevano, inoltre, i debiti per i quali il contribuente ha ottenuto un provvedimento di sospensione giudiziale o amministrativa o un provvedimento di rateazione purché antecedentemente alla data di accettazione della proposta.

Assenza di condanne

Riguardo alla condizione relativa all’assenza di condanne l’art. 11 del decreto Concordato precisa che alla pronuncia di condanna è equiparata la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti.

Considerato che il predetto art. 11 che equipara la sentenza di patteggiamento alla pronuncia di condanna ai fini dell’accesso al concordato, costituisce una disposizione normativa non penale diretta a disciplinare un istituto di diritto tributario, deve ritenersi che la suddetta equiparazione operi limitatamente alle ipotesi in cui sono applicate pene accessorie.

L’esclusione dall’accesso al Concordato preventivo biennale opera nel caso in cui, con la sentenza di patteggiamento venga irrogata una pena che supera i due anni di pena detentiva, quindi, per converso, al di sotto di tale ‘soglia’ la causa di esclusione non opera. La Relazione illustrativa di accompagno al Dlgs n. 108/2024 chiarisce che l’accesso al Concordato fiscale è precluso soltanto in ipotesi di condanna con sentenza ‘irrevocabile’, non contemplando la disposizione l’estensione dell’effetto impeditivo anche nel caso di sentenze di condanna non presidiate dal giudicato.

La dichiarazione relativa all’assenza di condanne e/o di sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti deve essere effettuata al momento dell’accettazione della proposta di Concordato attraverso l’apposita modulistica.

Ambito oggettivo del Concordato preventivo biennale

Se accettata la proposta di concordato definisce per il successivo biennio il reddito di impresa e di lavoro autonomo e, solo per i soggetti ISA la base imponibile Irap. Naturalmente questo non vale per i forfettari per i quali l’adesione al Concordato rileva per il solo anno 2024.

Resta invece esclusa dal Concordato fiscale l’Iva che continua a trovare applicazione secondo le ordinarie disposizioni e a vincolare i contribuenti a tutti i conseguenti adempimenti.

Contribuenti ISA

In merito ai soggetti ISA i redditi oggetto di concordato riguardano:

  • il reddito di lavoro autonomo derivante dall’esercizio di arti e professioni, di cui all’art. 54, comma 1, del Tuir, senza considerare i valori relativi a: plusvalenze e minusvalenze; redditi o quote di redditi relativi a partecipazioni in società di persone e associazioni di cui all’art. 5 del Tuir; ai corrispettivi percepiti a seguito di cessione della clientela o di elementi immateriali, riferibili all’attività artistica o professionale di cui al comma 1-quater del citato articolo 54.
  • In caso di reddito da lavoro autonomo, il saldo netto tra il reddito concordato e le plusvalenze o minusvalenze, i corrispettivi percepiti a seguito della cessione della clientela o di elementi immateriali e i redditi derivanti da partecipazioni, non può essere inferiore a 2 mila euro.
  • il reddito d’impresa, di cuil’art. 56 Tuir e, per quanto riguarda i contribuenti soggetti ad Ires, alle disposizioni di cui alla Sezione I del Capo II del Titolo II del Tuir, ovvero, per le imprese minori, all’articolo 66 del Tuir, senza considerare i valori relativi a: plusvalenze e sopravvenienze attive; minusvalenze, sopravvenienze passive e perdite su crediti; gli utili o le perdite derivanti da partecipazioni in soggetti di cui all’art. 5 del citato testo unico, o in un Gruppo europeo di interesse economico GEIE o derivanti da partecipazioni in società di capitali aderenti al regime di cui all’art. 115 ovvero all’art. 116 del Tuir, o gli utili distribuiti, in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione, da società ed enti di cui all’art. 73, comma 1, del Tuir.

In caso di reddito d’impresa il saldo netto tra il reddito concordato e le plusvalenze, le minusvalenze, le sopravvenienze attive/passive, le perdite su crediti, gli utili e le perdite da partecipazione non può essere inferiore a 2 mila euro.
Per quanto riguarda l’Irap, invece, l’oggetto del concordato è il valore della produzione netta individuato con riferimento agli articoli 5, 5-bis, 8 e 10 Dlgs n. 446/1997, senza considerare le componenti già individuate dagli articoli 15 e 16 del decreto Concordato per la determinazione del reddito d’impresa oggetto di concordato, ove rilevanti ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive.

Sebbene l’art. 17 del decreto Concordato, nel definire il valore della produzione netta da dichiarare, non richiami l’art. 11 del decreto Irap, tale norma contiene regole comuni per la determinazione del valore della produzione netta.

Ciò comporta che in sede di compilazione della proposta di adesione deve essere dichiarato il valore della produzione netta relativo al periodo precedente l’inizio del biennio al netto di tali spese.

Anche per l’Irap, come già osservato per i redditi di lavoro autonomo e d’impresa, il saldo netto tra il valore della produzione netta oggetto di concordato e le componenti sopra richiamate non può assumere un valore inferiore a 2 mila euro.

Il contribuente che accetta la proposta dell’Agenzia si impegna quindi a dichiarare sia gli importi concordati, sia gli importi effettivi, relativi ai due periodi d’imposta oggetto del concordato stesso.

Il versamento delle imposte e dei contributi dovuti sul reddito e sul valore della produzione concordati è oggetto di controllo automatizzato.

Inoltre, nei periodi d’imposta oggetto del concordato, i contribuenti devono rispettare gli ordinari obblighi contabili e dichiarativi e comunicare i dati per gli ISA. L’obbligo di presentazione dei modelli ISA non sussiste in caso di cause di esclusione dall’applicazione degli stessi, salvo alcune eccezioni.

Forfetari

Le regole di applicazione del Concordato ai contribuenti che hanno aderito al regime forfetario risultano parzialmente differenti rispetto a quelle applicabili ai soggetti ISA in ragione delle peculiarità che caratterizzano il regime forfetario.

Per i soggetti che hanno aderito al regime forfetario l’adesione al Concordato è prevista in via del tutto sperimentale per il solo anno 2024.

Ulteriore importante differenza riguarda la determinazione delle basi imponibili oggetto di concordato. Trattandosi di contribuenti che ‘ordinariamente’ determinano il reddito in modo forfetario, anche il calcolo del Concordato risulta più semplice rispetto a quello previsto per i soggetti ISA, non tenendo conto in modo analitico di quelle poste che invece sono considerate per questi ultimi.

Modalità e termini di adesione alla proposta di Concordato

L’Agenzia delle Entrate mette a disposizione dei contribuenti o dei loro intermediari, anche mediante l’utilizzo delle reti telematiche, appositi programmi informatici per l’acquisizione dei dati necessari per l’elaborazione della proposta di Concordato fiscale. Il contribuente può quindi aderire alla proposta formulata dall’Agenzia delle Entrate attraverso l’utilizzo di questi programmi informatici.
Per il primo anno di applicazione del Concordato le tempistiche utili per valutare la proposta ed eventualmente aderirvi sono molto ampie e uniformate a quelle previste per la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi.
Per il primo anno di applicazione del nuovo istituto, il contribuente può aderire alla proposta entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale dei redditi.

Utilizzando il software in argomento il contribuente può:

  • inserire i dati necessari;
  • calcolare la proposta di Concordato;
  • accettare la proposta entro il 31 ottobre.

La metodologia adottata per l’adesione al Concordato si innesta nel processo di progressiva digitalizzazione del dialogo tra Fisco e contribuente, nell’ottica di riduzione e semplificazione degli adempimenti fiscali.
Il termine per aderire al Concordato è perentorio, in quanto il legislatore, solo per il 2024, rinvia espressamente alla data del 31 ottobre, in deroga al termine ordinario del 31 luglio. Tale espressa formulazione avalla la conclusione che la data del 31 ottobre 2024 sia tassativa e, pertanto, ai fini dell’accettazione della proposta di Concordato non trova applicazione l’art. 2, comma 7, del Dpr n. 322/1998 in base al quale sono valide le dichiarazioni presentate entro 90 giorni dalla scadenza del termine.

Cause di cessazione del Concordato

Il Concordato cessa di avere efficacia al verificarsi, in uno dei periodi di imposta in cui è vigente, di particolari situazioni che incidono in maniera radicale sui presupposti in base ai quali era stato stipulato in precedenza l’accordo tra Fisco e contribuente. Nello specifico, si tratta dei seguenti casi:

  • cessazione o modifica dell’attività (per tutti i contribuenti che possono applicare il Concordato);
  • presenza di particolari ed eccezionali circostanze che hanno determinato la contrazione delle basi imponibili effettive in misura eccedente il 30% rispetto a quelle oggetto di concordato;
  • adesione al regime forfetario (per i soli contribuenti ISA);
  • operazione di fusione, scissione, conferimento effettuate da società o enti, ovvero, modifiche della compagine sociale da parte di società o associazioni (per i soli contribuenti ISA);
  • dichiarazione di ricavi o compensi di ammontare superiore al limite stabilito dal decreto di approvazione o revisione dei relativi indici sintetici di affidabilità fiscale maggiorato del 50% (per i soli contribuenti ISA);
  • superamento del limite dei ricavi o compensi maggiorato del 50% (per i soli contribuenti che applicano il regime forfetario).

Cause di decadenza

L’art. 22 del decreto Concordato prevede che il contribuente decade dal concordato al verificarsi di fattispecie ritenute potenzialmente sintomatiche di comportamenti scarsamente affidabili.

Il legislatore ha individuato una serie di casi riconducibili essenzialmente alla fedeltà dei dati indicati all’interno dei modelli dichiarativi ed al corretto svolgimento di alcuni adempimenti.

Un caso si verifica quando a seguito di accertamento, nei periodi di imposta oggetto del concordato o in quello precedente, risulta:

  • l’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza o l’indeducibilità di passività dichiarate, per un importo superiore al 30% dei ricavi dichiarati;
  • la commissione di altre violazioni ritenute di ‘non lieve entità’.

Si tratta di violazioni constatate che integrano reati tributari, relativamente a periodi di imposta oggetto del concordato; comunicazioni inesatte o incompleta dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli indici di cui all’art. 9-bis del decreto ISA, in misura tale da determinare un minor reddito o valore netto della produzione oggetto del concordato per un importo superiore al 30%; violazioni relative agli anni oggetto del concordato, come omessa dichiarazione annuale ai fini delle imposte dirette e Irap, dei sostituti d’imposta e dell’Iva.

Altra ipotesi di decadenza si verifica quando a seguito di modifica o integrazione della dichiarazione dei redditi, i dati e le informazioni dichiarate dal contribuente determinano una quantificazione diversa dei redditi o del valore della produzione netta rispetto a quelli in base ai quali è avvenuta l’accettazione della proposta di concordato.

Altra ipotesi di decadenza ricorre quando sono indicati, nella dichiarazione dei redditi, dati non corrispondenti a quelli comunicati ai fini della definizione della proposta di concordato.

Ancora un’altra ipotesi di decadenza si realizza quando vengono meno i requisiti o risultino insussistenti le condizioni necessarie per accedere al concordato.

Infine, è prevista la decadenza quanto è omesso il versamento delle somme dovute a seguito di concordato.

In ogni caso, l’omesso versamento delle somme dovute a seguito di Concordato non rileva ai fini della decadenza nel caso in cui il contribuente abbia regolarizzato la propria posizione mediante ravvedimento, sempreché la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore o i soggetti solidalmente obbligati abbiano avuto formale conoscenza.

Infine, secondo quanto previsto nel decreto Concordato, in caso di decadenza restano dovute le imposte e i contributi determinati tenendo conto del reddito e del valore della produzione netta concordati se maggiori di quelli effettivamente conseguiti.

Il documento di prassi amministrativa rileva, altresì, che affinché le integrazioni o le modifiche delle dichiarazioni dei redditi, ovvero l’indicazione di dati non corrispondenti a quelli comunicati ai fini della definizione della proposta di Concordato, siano rilevanti per determinare la decadenza dallo stesso Concordato, è necessario che gli stessi determinino un minor reddito o valore netto della produzione oggetto del concordato per un importo superiore al 30%.

Rinnovo del concordato

Decorso il biennio oggetto di concordato, laddove il contribuente abbia conservato i requisiti per accedervi e non siano incorse cause di esclusione, lo stesso può accedere ad un nuovo biennio di concordato.

Ciò comporta che, con riferimento al primo biennio oggetto di concordato, il contribuente che abbia aderito al Concordato per i periodi d’imposta 2024 e 2025 potrà, utilizzando il software che verrà messo a disposizione per il periodo di imposta 2025, aderire a una nuova proposta di concordato biennale elaborata dall’Agenzia delle Entrate relativa al successivo biennio 2026-2027, con le stesse modalità previste per la prima adesione.

Differimento del termine dei versamenti

Per il primo anno di applicazione del Concordato è stato previsto il differimento del termine dei versamenti del saldo e del primo acconto.

In particolare, i soggetti indicati nella norma e tenuti a effettuare entro il 30 giugno 2024 i versamenti risultanti dalle dichiarazioni dei redditi e da quelle in materia di Irap e Iva, possono provvedere entro il 31 luglio 2024, senza alcuna maggiorazione.

Inoltre la norma chiarisce che è possibile effettuare i versamenti risultanti dalle dichiarazioni dei redditi e da quelle in materia di Irap e Iva entro il trentesimo giorno successivo al 31 luglio 2024 (ovvero entro il 30 agosto 2024), maggiorando le somme da versare dello 0,40% a titolo di interesse corrispettivo.
La norma specifica che la disposizione si applica, oltre che ai soggetti che adottano gli ISA o che presentano cause di esclusione dagli stessi, anche ai soggetti che partecipano a società, associazioni e imprese ai sensi degli articoli 5, 115 e 116, del Tuir interessati dalla applicazione degli ISA.

Risposte a quesiti

L’ultima parte della circolare è dedicata alle risposte ai quesiti formulati dalle organizzazioni di categoria e dalla stampa specializzata. Viene chiarito, ad esempio, che il contribuente che ha già presentato la dichiarazione per il periodo d’imposta 2023 senza accettare la proposta di Concordato può ancora farlo, presentando una dichiarazione correttiva entro il 31 ottobre 2024.
Qualora il contribuente eserciti due attività, una di impresa ed una di lavoro autonomo, entrambe soggette a ISA, riceverà dall’Agenzia delle Entrate due proposte, alle quali l’interessato potrà aderire sia congiuntamente che individualmente.


(Vedi circolare n. 18 del 2024)

Causali contributo per il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali di pertinenza dell’Ente Nazionale di Previdenza per gli Addetti e per gli impiegati in Agricoltura
Venerdì, 27 Settembre , 2024

L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 43/E/2024, ha istituito le causali contributo per il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali di pertinenza dell’Ente Nazionale di Previdenza per gli addetti e per gli impiegati in Agricoltura - Gestione Separata Agrotecnici (ENPAIA).
Con la risoluzione n. 46/E del 18 settembre 2024 l’Agenzia informa che, in sede di compilazione del mod. F24 per il versamento delle somme in parola, in corrispondenza del campo ‘codice posizione’ è indicato il codice univoco composto da caratteri numerici, fino a 9 cifre, comunicato dall’ENPAIA.
Qualora tale codice non sia stato comunicato, nel campo in argomento è indicato il valore ‘0’.


(Vedi risoluzione n. 46 del 2024)

Iva - Emissione nota di variazione - Liquidazione ordinaria di una società e sua estinzione mediante cancellazione dal Registro delle imprese
Venerdì, 27 Settembre , 2024

All’Agenzia delle Entrate hanno chiesto di chiarire se alla liquidazione ordinaria di una società possano essere applicati i principi enunciati per le operazioni straordinarie in merito agli effetti successori negli adempimenti fiscali e, in particolare, con riguardo alla possibilità di emettere note di variazione, ex art. 26 del decreto Iva.

Con la risoluzione n. 47/E del 19 settembre 2024, l’Amministrazione finanziaria ha riepilogato la disciplina fiscale delle operazioni straordinarie e, in particolare, delle operazioni di fusione e incorporazione disciplinate dall’articolo 2504-bis del Codice civile il quale dispone che: ‘la società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione’.

La disciplina fiscale, con l’articolo 172, comma 4, del Tuir, ha disposto gli effetti successori in ordine al subentro della società o dell’ente risultante dalla trasformazione o dalla fusione, anche per incorporazione, negli obblighi delle società trasformate o fuse relativi al pagamento delle sanzioni.

Recentemente la Corte di cassazione a Sezioni unite, con la sentenza n. 21970 del 30 luglio 2021, ha ribadito che la fusione comporta l’estinzione della società incorporata e la contestuale sostituzione a questa, nella titolarità dei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, della società incorporante.

La fusione non è un’operazione che mira a concludere tutti i rapporti sociali (come la liquidazione), né a trasferirli ad un altro soggetto con permanenza in vita del disponente, quanto a darvi prosecuzione, mediante il diverso assetto organizzativo.

Al verificarsi delle condizioni innanzi citate, dunque, la società che subentra nelle posizioni soggettive del cedente/prestatore di servizi acquisisce, tra l’altro, la facoltà di emettere note di variazione, ex art. 26 del decreto Iva, con riferimento alle operazioni effettuate originariamente dalla società scissa/incorporata. Tale subentro ricorre anche ai fini della ricezione della nota di variazione, laddove l’operazione straordinaria abbia visto coinvolto il cessionario/committente.

I principi enucleati dalla Suprema corte non trovano applicazione, invece, nell’ipotesi di liquidazione ordinaria di una società che comporta la sua estinzione mediante la cancellazione dal Registro delle imprese.

In tale evenienza, infatti, sebbene la giurisprudenza di legittimità ritenga che l’estinzione della società, a seguito della cancellazione dal Registro delle imprese, dia luogo ad un fenomeno successorio in favore dei soci, resta ferma, come evidenziato dalla stessa Suprema corte nella sentenza n. 21970/2021, la diversa finalità della procedura liquidatoria rispetto alle altre ‘operazioni straordinarie’ che determinano una successione dell’avente causa nei diritti e negli obblighi della società coinvolta nelle predette operazioni.

Con la liquidazione ordinaria, infatti, si concludono tutti i rapporti sociali, nei quali il soggetto-società viene liquidato e cessa di operare sul mercato; non c’è continuazione di impresa né subentro di altri soggetti.

L’estinzione della società determina, pertanto, l’estinzione delle predette posizioni soggettive le quali non ricadono nel fenomeno successorio.

Ne consegue che, qualora la società emittente la fattura si estingua prima di aver esercitato la facoltà di emissione della nota di variazione in diminuzione, il diritto di credito verso l’Erario alla restituzione della maggiore Iva a debito non può essere trasferito per successione ai soci, ma si estingue insieme ad essa, diversamente da quanto, invece, accade nell’ambito di una operazione straordinaria con effetti successori, ove il soggetto che sopravvive e prosegue l’attività imprenditoriale eredita anche le posizioni soggettive ad essa correlate e la possibilità di assolvere ai connessi adempimenti fiscali.

Tornano, dunque, applicabili i limiti secondo cui, per emettere la nota di variazione prevista dall’articolo 26 Dpr n. 633/1972 (decreto Iva) è necessaria l’identità tra l’oggetto della fattura e della registrazione originaria e che esista corrispondenza tra i due atti contabili ovvero tra i due soggetti originari dell’operazione imponibile: cedente e cessionario di un bene, committente e prestatore di un servizio.

In conclusione, estinta la società, senza che sia stata ancora esercitata la facoltà di emissione della nota di variazione in diminuzione, non è consentito ai soci sostituirsi ad essa nella sua emissione per recuperare l’Iva relativa ad un credito non incassato.

La risoluzione fornisce un altro chiarimento in merito all’indirizzo espresso dalla Cassazione nella richiamata sentenza n. 6070 del 2013, con la quale i giudici di legittimità hanno chiarito che l’estinzione della società, a seguito di cancellazione dal Registro delle imprese, dà luogo ad un fenomeno successorio in favore dei soci i quali subentrano nei rapporti attivi e passivi facenti capo alla società estinta.

Il Fisco precisa che l’esercizio di posizioni soggettive riferibili alla società, compresa la facoltà di emettere note di variazione in diminuzione, non ricade nel fenomeno successorio e, pertanto, in caso di estinzione della società, i debiti insoddisfatti che la società aveva nei riguardi dei terzi si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono ai sensi dell’art. 2495 del Codice civile.

L’articolo 28, comma 4, del Dlgs 21 novembre 2014 n. 175 dispone che, ai soli fini della validità e dell'efficacia degli atti di accertamento, liquidazione, contenzioso e riscossione di tributi e contributi, l’estinzione della società ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal Registro delle imprese,


(Vedi risoluzione n. 47 del 2024)

Versamento delle somme dovute in relazione al concordato preventivo biennale
Venerdì, 27 Settembre , 2024

Con la risoluzione n. 48/E del 19 settembre 2024 l’Agenzia delle Entrate ha fornito le indicazioni che i contribuenti ISA e quelli forfetari dovranno seguire per versare gli importi dovuti relativi al primo periodo di adesione.

Il Concordato preventivo biennale è un nuovo istituto che consente ai soggetti aderenti di stabilire d’intesa con l’Agenzia delle Entrate, in via preventiva, il reddito d’impresa o di lavoro autonomo e la produzione ai fini Irap da dichiarare nel periodo interessato.

Il Decreto legislativo n. 13 del 12 febbraio 2024 disciplina le modalità attuative del concordato fiscale.

Il documento di prassi amministrativa ha istituito 6 codici tributo per versare, tramite modello F24, le somme dovute per aderire al Concordato preventivo biennale. I primi quattro dovranno essere utilizzati da coloro che applicano gli ISA; gli ultimi due da coloro che aderiscono al regime forfetario.

I nuovi codici tributo sono i seguenti:

  • ‘4068’ denominato ‘CPB - Soggetti ISA persone fisiche - Maggiorazione acconto imposte sui redditi - Art. 20, comma 2, lett. a), del Dlgs n. 13 del 2024’;
  • ‘4069’ denominato ‘CPB - Soggetti ISA diversi dalle persone fisiche - Maggiorazione acconto imposte sui redditi - Art. 20, comma 2, lett. a), del Dlgs n. 13 del 2024’;
  • ‘4070’ denominato ‘CPB - Soggetti ISA - Maggiorazione acconto IRAP - Art. 20, comma 2, lett. b) del Dlgs n. 13 del 2024’;
  • ‘4071’ denominato ‘CPB - Soggetti ISA - Imposta sostitutiva di cui all’articolo 20-bis, comma 1, del Dlgs n. 13 del 2024’;
  • ‘4072’ denominato ‘CPB - Soggetti forfetari - Maggiorazione acconto imposte sui redditi - Art. 31, comma 2, lett. a) del Dlgs n. 13 del 2024’;
  • 4073’ denominato ‘CPB - Soggetti forfetari - Imposta sostitutiva di cui all’articolo 31-bis del Dlgs n. 13 del 2024’.


(Vedi risoluzione n. 48 del 2024)

Istituzione dei codici tributo per il versamento delle somme dovute a seguito di adesione ai verbali di constatazione ai sensi dell’art. 5-quater Dlgs n. 218/1997
Venerdì, 6 Settembre , 2024

Con la definizione agevolata i contribuenti hanno la possibilità di beneficiare della riduzione delle sanzioni ad un sesto, ovvero la metà della misura prevista nell’ipotesi di accertamento con adesione, pari ad un terzo del minimo stabilito per legge, nonché della possibilità di rateizzare il dovuto.

Per consentire il versamento, tramite il modello F24, delle somme dovute risultanti dall’atto di definizione dell’accertamento parziale, previsto al comma 6 dell’articolo 5-quater del decreto legislativo 19 giugno 1997 n. 218 l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 44/E del 2 agosto 2024, ha istituito una serie di codici tributo che vanno dal ‘9976’ al ‘9992’. Per il pagamento, sempre tramite il modello F24, dei contributi previdenziali risultanti dall’atto di definizione dell’accertamento parziale la risoluzione istituisce le seguenti causali: ‘APM1’, ‘CPM1’ e ‘LPM1’.


(Vedi risoluzione n. 44 del 2024)

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