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Istituzione del codice tributo per l’utilizzo del credito d’imposta per l’acquisto del gasolio impiegato in veicoli di categoria euro 5 o superiore |
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Venerdì, 1 Dicembre , 2023 |
L’art. 14 del decreto legge n. 144/2022 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 175/2022, prevede il riconoscimento di un contributo, sotto forma di credito d’imposta, per l’acquisto di gasolio, nel primo trimestre dell’anno 2022, a favore delle imprese aventi sede legale o stabile organizzazione in Italia esercenti le attività di trasporto.
Tale credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione.
Con il decreto dell’8 agosto 2023 n. 196 del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti di concerto con il ministero dell’Economia, sono state stabilite le disposizioni attuative del credito d’imposta in parola. Ai fini della sua fruizione il mod. F24 deve essere presentato esclusivamente tramite i servizi telematici delle Entrate, pena il rifiuto dell’operazione di versamento.
Il Mimit trasmette all’Agenzia delle Entrate l’elenco delle imprese ammesse a fruire dell’agevolazione e l’importo del credito concesso, nonché le eventuali variazioni e revoche.
Per consentire l’utilizzo in compensazione della suddetta agevolazione, tramite modello F24, l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 63/E del 24/11/2023, ha istituito il codice tributo ‘7056’ denominato ‘credito d’imposta per l’acquisto del gasolio a favore delle imprese esercenti le attività di trasporto di merci in conto proprio - articolo 14, comma 1, lettera a), primo e secondo periodo, del decreto legge 23 settembre 2022 n. 144’.
(Vedi risoluzione n. 63 del 2023)
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Istituzione del codice tributo per l’utilizzo del credito d’imposta per l’acquisto di gasolio a favore delle imprese che effettuano servizi di trasporto di persone su strada |
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Venerdì, 1 Dicembre , 2023 |
Il decreto legge n. 144/2022 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 175 del 17 novembre 2022 ha previsto il riconoscimento di un contributo, sotto forma di credito d’imposta, per l’acquisto di gasolio a favore delle imprese che effettuano servizi di trasporto di persone su strada. Lo stesso decreto dispone che il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione.
Il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministero dell’Economia ha stabilito i criteri e le modalità di attuazione del credito d’imposta in parola con il decreto del 7 agosto 2023 n. 195. Ai fini della fruizione del credito d’imposta, il mod. F24 deve essere presentato attraverso i servizi telematici delle Entrate, pena il rifiuto dell’operazione di versamento.
Al Mimit il compito di trasmettere all’Agenzia delle Entrate l’elenco delle imprese ammesse a fruire dell’agevolazione e l’importo del credito concesso, nonché eventuali variazioni e revoche.
L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 64/E del 24 novembre 2023, ha istituito il codice tributo ‘7055’ denominato ‘credito d’imposta per l’acquisto di gasolio a favore delle imprese che effettuano servizi di trasporto di persona su strada - Articolo 14, comma 1, lettera b) del decreto legge 23 settembre 2022 n. 144’.
Le imprese interessate devono avvalersi di tale codice tributo nel modello F24 per l’utilizzo in compensazione della suddetta agevolazione.
(Vedi risoluzione n. 64 del 2023)
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Obblighi di monitoraggio fiscale a carico delle imprese di assicurazione |
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Venerdì, 17 Novembre , 2023 |
L’AdE, con la risoluzione n 62/E del 13 novembre 2023, ha fornito chiarimenti in merito agli obblighi di monitoraggio fiscale cui sono tenute le imprese di assicurazione estere operanti in Italia in regime di libera prestazione di servizi (LPS). Un’associazione ha chiesto delucidazioni sugli obblighi di monitoraggio fiscale cui sono tenute le imprese di assicurazione estere dei rispettivi gruppi operanti in Italia in regime di libera prestazione di servizi in relazione ai contratti di assicurazione sulla vita stipulati con contraenti italiani.
È stato l’articolo 1 Dlgs n. 90/2017 ad inserire le imprese di assicurazione estere nell’ambito soggettivo di applicazione della disciplina del monitoraggio fiscale. L’associazione istante chiede di confermare che gli obblighi di monitoraggio fiscale non debbano essere effettuati dalle imprese di assicurazione estere operanti in Italia in regime di LPS che optano per l’assoggettamento a tassazione sostitutiva dei redditi di capitale. Inoltre chiede chiarimenti in merito al comportamento che devono adottare le compagnie assicurative italiane che intervengono per il tramite delle rispettive banche d’appoggio nel pagamento all’estero di capitali assicurati e la conferma che non siano sanzionabili eventuali comportamenti adottati dalle imprese di assicurazione estere operanti nel territorio dello Stato in LPS e dalle compagnie di assicurazione italiane che, in relazione agli obblighi di monitoraggio fiscale, si siano conformate alla prassi vigente superata dalla risposta n. 463 del 2022.
Il decreto legislativo 25 maggio 2017 n. 90 e, successivamente, il decreto legislativo n. 125 del 4 ottobre 2019 hanno apportato rilevanti modificazioni al decreto legislativo n. 231/2007 in merito ai soggetti rientranti nell’ambito di applicazione del monitoraggio fiscale. Il decreto legislativo n. 90, in particolare, ha previsto che sono inclusi tra i soggetti tenuti agli obblighi di monitoraggio fiscale gli intermediari bancari e finanziari tra i quali rientrano anche le imprese di assicurazione ‘aventi sede legale e amministrazione centrale in un altro Stato membro, stabiliti senza succursale sul territorio della Repubblica italiana’.
Dunque, dal 4 luglio 2017 sono tenuti agli obblighi di monitoraggio fiscale: le imprese di assicurazione e gli intermediari assicurativi che operano nei rami di cui all’art. 2 del codice delle assicurazioni private; le succursali di imprese di assicurazione aventi sede legale e amministrazione centrale in un altro Stato membro o in uno Stato terzo; le imprese di assicurazione aventi sede legale e amministrazione centrale in un altro Stato membro, stabiliti senza succursale sul territorio italiano.
Nella nozione di ‘imprese stabilite senza succursale’ rientrano soltanto quelle imprese che vendono prodotti assicurativi nei rami Vita in regime di libera prestazione di servizi attraverso una rete di intermediari assicurativi operanti in Italia. Inoltre vi rientrano gli intermediari assicurativi con residenza o sede legale in un altro Stato membro Ue o See che distribuiscono in Italia i medesimi prodotti assicurativi tramite intermediari assicurativi.
Per quanto concerne l’ambito oggettivo, le comunicazioni riguardano: i dati acquisiti in occasione dell’adeguata verifica dell’identità della clientela in relazione ai trasferimenti da e verso l’estero di denaro contante, assegni bancari e postali, assegni circolari, vaglia postali, carte di credito e carte di pagamento, polizze assicurative trasferibili, polizze di pegno.
La segnalazione deve essere operata per i trasferimenti, effettuati anche in valuta virtuale, di importo pari o superiore a 5mila euro ed è limitata alle operazioni eseguite tra, per conto o a favore di persone fisiche, enti non commerciali e di società semplici e associazioni equiparate.
L’obbligo di comunicazione non si riferisce solo alle polizze assicurative trasferibili e alle polizze di pegno ma ad ogni movimentazione finalizzata a disporre il trasferimento di fondi mediante il versamento del premio e/o del riscatto delle somme in polizza.
La trasmissione dei dati al fisco avviene in modalità telematica, con cadenza annuale, tramite l’infrastruttura Sistema di Interscambio Dati.
Gli obblighi di rilevazione non si applicano per i trasferimenti da e verso l’estero relativi ad operazioni effettuate nell’ambito di contratti e dei rapporti di cui agli articoli 6 e 7 del decreto legislativo n. 461/1997. In sostanza non sono previsti obblighi di monitoraggio fiscale da parte degli intermediari quando il soggetto per conto o a favore del quale è eseguito il trasferimento da e verso l’estero di mezzi di pagamento detiene con il medesimo intermediario un rapporto di custodia, amministrazione e deposito, e abbia optato per la tassazione dei redditi diversi di cui alle lettere da c) a c-sexies), secondo il regime del c.d. ‘risparmio amministrato’.
Gli obblighi di segnalazione non sussistono neppure nell’ipotesi di trasferimenti dall’estero relativi ad operazioni suscettibili di produrre redditi di capitale, nel presupposto che tali redditi siano stati assoggettati dall’intermediario residente a ritenuta o ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi.
In entrambi i casi l’esonero da segnalazione al fisco è riconosciuto nel presupposto che i trasferimenti transfrontalieri si riferiscano a flussi fiscalmente rilevanti in quanto redditi assoggettati a tassazione sostitutiva da parte di un intermediario residente.
Con riguardo ai trasferimenti transfrontalieri relativi ad operazioni che danno luogo a redditi di capitale, l’Agenzia rileva che ai fini dell’esonero è necessario che: il trasferimento provenga dall’estero e sia relativo ad un’operazione da cui possono derivare redditi di capitale; i redditi di capitale abbiano già scontato una tassazione; la tassazione dei predetti redditi avviene dall’intermediario residente.
Sulla base dell’art. 10, comma 4, Dlgs n. 461/1997 l’esonero dagli obblighi di monitoraggio fiscale per i trasferimenti relativi ad operazioni che danno luogo a redditi di capitale è limitato ai soli trasferimenti dall’estero relativi ad operazioni fiscalmente rilevanti che siano assoggettate a tassazione da parte di un intermediario residente, mentre non costituisce condizione di esonero la circostanza che l’intermediario non residente abbia effettuato la tassazione sul medesimo trasferimento.
L’esonero dagli obblighi di monitoraggio fiscale dei flussi provenienti dall’estero sui redditi di capitale assicurativi è stato esteso anche alle compagnie di assicurazione estera che optano per la tassazione di tali redditi, sebbene non incluse nell’ambito soggettivo di applicazione dell’art. 1 del decreto legge n. 167/1990 nel testo vigente alla data di emanazione dei documenti di prassi.
Il documento di prassi ha già chiarito come dal 4 luglio 2017 è stata puntualizzata l’individuazione dei soggetti che in ambito assicurativo rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 1 del decreto legge n 167/1990, mentre la disposizione di esonero dagli obblighi di monitoraggio non ha subìto modifiche.
Conseguentemente, alla luce del nuovo contesto normativo, l’esonero dagli obblighi di monitoraggio fiscale per le compagnie di assicurazione estere, operanti in Italia in LPS, che optano per la tassazione dei redditi di capitale assicurativi è riconosciuto fintantoché nell’operazione transfrontaliera interviene un intermediario finanziario residente in grado di tracciare i flussi in entrata/in uscita al/dal circuito bancario e finanziario italiano.
È bene ricordare che le imprese di assicurazione estere sono tenute a rilevare i trasferimenti verso l’estero ai sensi dell’art. 1 del decreto legge n. 167/1990, indipendentemente dalla circostanza che i suddetti flussi siano riferiti ad operazioni fiscalmente rilevanti.
Gli obblighi di monitoraggio fiscale sopra specificati si applicano a decorrere dal 4 luglio 2017, data a partire dalla quale anche le imprese di assicurazione estere stabilite senza succursale rientrano nell’ambito soggettivo di applicazione dell’art. 1 del decreto legge n. 167/1990.
Si precisa, infine, che non costituisce motivo di esonero dall’obbligo di monitoraggio la comunicazione all’Archivio dei rapporti finanziari da parte delle medesime assicurazioni estere.
Con riferimento al secondo quesito, si osserva che ciascun intermediario bancario e finanziario è tenuto a comunicare i dati relativi alle operazioni in oggetto, rilevati in applicazione della normativa antiriciclaggio, in funzione del proprio rapporto con il proprio cliente laddove il trasferimento transfrontaliero riguardi una persona fisica, un ente non commerciale e una società semplice e associazione equiparata.
Qualora il trasferimento transfrontaliero avvenga in presenza di più intermediari, si ritiene che il monitoraggio fiscale eseguito da uno degli intermediari coinvolti nell’operazione di trasferimento esoneri dall’adempimento l’altro intermediario, a condizione che quest’ultimo possa dare evidenza dell’avvenuta comunicazione da parte dell’intermediario che ha effettuato il monitoraggio fiscale.
In merito ai profili sanzionatori evidenziati dall’Istante la risoluzione ricorda che le violazioni degli obblighi di trasmissione sono oggetto di sanzione amministrativa pecuniaria commisurata all’importo dell’operazione non segnalata e che detta sanzione è definibile tramite l’istituto del ravvedimento operoso.
(Vedi risoluzione n. 62 del 2023)
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Istituzione del codice tributo per l’utilizzo del credito d’imposta per l’acquisto di gas naturale liquefatto a favore delle imprese della logistica e di trasporto merci in conto terzi con mezzi di trasporto ad elevata sostenibilità |
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Venerdì, 17 Novembre , 2023 |
Il decreto legge n. 17/2022, convertito con modificazioni dalla legge n. 34/2022 ha previsto il riconoscimento di un contributo, sotto forma di credito d’imposta, in favore delle imprese aventi sede legale o stabile organizzazione in Italia, esercenti attività logistica e di trasporto di merci in conto terzi con mezzi di trasporto ad elevata sostenibilità ad alimentazione alternativa a metano liquefatto, per l’acquisto di gas naturale liquefatto proprio per questi mezzi.
Il credito d’imposta in parola è utilizzabile esclusivamente in compensazione. Con un decreto interministeriale n. 413 del 23 dicembre 2022 sono stati stabiliti i criteri e le modalità di attuazione del predetto credito d’imposta. Ai fini della fruizione è necessario presentare il modello F24 esclusivamente tramite i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate.
Al ministero delle Infrastrutture e dei trasporti spetta il compito di trasmettere all’Agenzia delle Entrate l’elenco delle imprese ammesse a fruire dell’agevolazione e l’importo del credito concesso, nonché le eventuali revoche e variazioni.
Ogni beneficiario ha la possibilità di visualizzare l’ammontare dell’agevolazione fruibile in compensazione per mezzo del proprio cassetto fiscale.
Per consentire l’utilizzo in compensazione della suddetta agevolazione, l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 61/E del 10 novembre 2023, ha istituito il codice tributo ‘7058’ denominato ‘credito d’imposta per l’acquisto di gas naturale liquefatto a favore delle imprese esercenti attività logistica e di trasporto delle merci in conto terzi con mezzi di trasporto ad elevata sostenibilità - Art. 6, comma 5, decreto legge n. 17/2022’.
(Vedi risoluzione n. 61 del 2023)
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Rinvio del versamento della seconda rata di acconto delle imposte sui redditi - Art.4 Dl n. 145/2023 |
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Venerdì, 10 Novembre , 2023 |
Per il solo periodo d’imposta 2023 il decreto legge ‘Anticipi’ (Dl n. 145/2023) prevede, a favore delle partite Iva che nel periodo d’imposta precedente dichiarano ricavi/compensi di ammontare non superiore a 170 mila euro: il differimento dal 30 novembre 2023 al 16 gennaio 2024 della scadenza del versamento della seconda rata di acconto dovuto in base alla dichiarazione dei redditi, mod. ‘Redditi PF 2023’; la possibilità di versare il dovuto in 5 rate mensili di pari importo, a decorrere da gennaio 2024, aventi scadenza il giorno 16 di ogni mese. È bene ricordare che sulle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi di cui all’art. 20, comma 2, del decreto legislativo n. 241/1997.
L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 31/E del 9 novembre 2023, fornisce chiarimenti in merito all’ambito applicativo della proroga indicata.
Ambito soggettivo di applicazione
La proroga del termine di versamento del secondo acconto interessa le partite Iva che nel periodo d’imposta 2022 abbiano dichiarato ricavi/compensi non superiori a 170 mila euro. Ci riferiamo, pertanto, a imprenditori individuali o lavoratori autonomi. Anche l’imprenditore titolare dell’impresa familiare beneficia del differimento in commento.
La norma agevolativa differisce i versamenti delle imposte sui redditi con scadenza nel mese di novembre 2023 per i soggetti sopra indicati. Interessati sono anche i contribuenti tenuti a versare in un’unica soluzione l’acconto delle imposte sui redditi, dovuto in base al mod. Redditi PF 2023.
Sono esclusi dall’ambito di applicazione della misura i soggetti non titolari di partita Iva, come i soci di società di persone o di capitali i cui redditi siano stati ad essi imputati in applicazione del principio di trasparenza. Parimenti escluse le persone fisiche titolari di partita Iva che, con riferimento all’anno d’imposta 2022, dichiarano ricavi o compensi di ammontare superiore a 170mila euro e i soggetti diversi dalle persone fisiche, come le società di capitali e gli enti non commerciali.
Soglia di ricavi e compensi
Per verificare l’eventuale superamento della soglia di 170 mila euro, occorre fare riferimento ai compensi dichiarati per il periodo d’imposta 2022. Con lo stesso fine, è rilevante l’ammontare complessivo dei ricavi dell’impresa familiare.
Nei casi in cui il contribuente eserciti più attività, caratterizzate da codici Ateco differenti, ai fini del diritto all’accesso al differimento in parola, si deve considerare la somma dei ricavi/compensi relativi alle diverse attività esercitate.
Se poi la persona fisica esercita contestualmente un’attività di lavoro autonomo e un’attività d’impresa, si considera la somma dei ricavi e dei compensi relativi alle attività esercitate.
Diversamente, per le persone fisiche che esercitano attività agricole o attività agricole connesse (come agriturismo), che fruiscono del differimento solo se nel 2022 siano anche titolari di reddito d’impresa, in luogo dell’ammontare dei ricavi, bisogna considerare l’ammontare del volume d’affari. Se il contribuente non è tenuto a presentare la dichiarazione Iva, rileva l’ammontare complessivo del fatturato 2022. Nel caso in cui il soggetto abbia altre attività commerciali o di lavoro autonomo, si tiene conto del volume d’affari complessivo dei soggetti tenuti alla dichiarazione Iva.
(Vedi circolare n. 31 del 2023)
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Istituzione dei codici tributo per il versamento delle somme dovute a seguito delle comunicazioni inviate ai sensi dell’art. 36-bis Dpr n. 600/1973 |
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Venerdì, 10 Novembre , 2023 |
Con la risoluzione n. 60/E dell’8 novembre 2023 l’Agenzia delle Entrate ha istituito i codici tributo per consentire il versamento, con le modalità di cui all’articolo 17 del decreto legislativo n. 241/1997, delle somme dovute a seguito delle comunicazioni inviate ai sensi dell’articolo 36-bis del Dpr n. 600/1973.
I nuovi codici tributo sono utilizzabili nell’eventualità in cui il contribuente, destinatario della comunicazione ai sensi dell’art. 36-bis Dpr n. 600/1973, non intenda versare l’importo complessivamente richiesto, riportato nel modello di pagamento F24 precompilato allegato alla comunicazione, ma ne intenda corrispondere solo una quota.
In tal caso va predisposto un mod. F24 in cui i codici istituiti sono esposti nella sezione ‘Erario’, esclusivamente in corrispondenza delle somme indicate nella colonna ‘importi a debito versati’, riportando anche il codice atto e l’anno di riferimento reperibili all’interno della stessa comunicazione.
Per agevolare i contribuenti ad individuare l’esatta codifica, in corrispondenza di codici tributo di nuova istituzione (prima colonna), sono riportati i codici tributo già istituiti (seconda colonna), utilizzati per il versamento spontaneo.
(Vedi risoluzione n. 60 del 2023)
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Istituzione del codice tributo per l’utilizzo in compensazione dell’imposta sulle transazioni finanziarie |
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Venerdì, 3 Novembre , 2023 |
L’imposta sulle transazioni finanziarie è stata introdotta dalla legge n. 228 del 24 dicembre 2012. Il decreto legge n. 4/2022, convertito con modificazioni dalla legge n. 25/2022 ha introdotto l’imposta in parola all’articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 9 luglio 1997 n. 241. Per consentire l’utilizzo in compensazione dell’eventuale credito risultante dalla dichiarazione dell’Imposta sulle Transazioni Finanziarie tramite modello F24, l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 57/E del 26 ottobre 2023, ha istituito il codice tributo ‘4067’ denominato ‘Credito relativo all’imposta sulle transazioni di azioni e di altri strumenti partecipativi, sulle transazioni relative a derivati e equity e sulle negoziazioni ad alta frequenza relative ad azioni e strumenti partecipativi - art. 1, commi 491, 492 e 495 legge n. 228/2012’.
(Vedi risoluzione n. 57 del 2023)
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Trattamento fiscale delle cripto-attività - Art. 1, commi da 126 a 147 legge di Bilancio 2023 |
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Venerdì, 3 Novembre , 2023 |
Al fine di rendere la normativa fiscale coerente con l’evoluzione delle diverse tipologie di cripto-attività la manovra 2023 ha introdotto modifiche alla disciplina di tassazione delle cripto-attività.
Si tratta di un fenomeno complesso e di rapida diffusione che non può essere ricondotto ad un’unica disciplina da qualificare ‘a priori’. Si possono, infatti, individuare diverse attività che pur utilizzando la stessa tecnologia, non presentano natura omogenea e qualificazione giuridica.
L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 30/E, dopo aver illustrato la materia, fornisce indicazioni normative in merito alle novità introdotte dalla legge di Bilancio 2023.
Il legislatore ha previsto una nuova categoria di redditi diversi che definisce le cripto-attività come ‘una rappresentazione digitale di valore o di diritti che possono essere trasferiti e memorizzati elettronicamente, utilizzando la tecnologia di registro distribuito o una tecnologia analoga’.
Nella norma rientra ogni fenomeno reddituale riconducibile alla ‘detenzione’, rimborso e al ‘trasferimento’ di ‘valori’ e ‘diritti’, mediante la tecnologia distribuita.
Le plusvalenze realizzate e gli altri proventi percepiti per effetto di operazioni aventi ad oggetto dette cripto-attività sono imponibili, in capo alle persone fisiche, agli enti non commerciali, alle società semplici ed equiparate, ai soggetti non residenti senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato, quando il reddito si considera prodotto nel medesimo territorio, come redditi diversi e assoggettati a tassazione, con la medesima aliquota applicabile alle attività finanziarie, ovvero al 26%.
In considerazione delle modifiche del regime fiscale, viene prevista la possibilità per i soggetti che già detenevano cripto-attività al 1°gennaio 2023 di rideterminare il costo o il valore di acquisto delle stesse a condizione che il predetto valore sia assoggettato ad una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura del 14% con il versamento dell’intero importo o della prima rata entro il 15 novembre 2023.
Inoltre la manovra offre la possibilità di prevenire possibili contestazioni in sede di controllo sul passato, per coloro che hanno violato gli obblighi di monitoraggio fiscale non indicando nel quadro RW della propria dichiarazione la detenzione delle cripto-attività e/o che non hanno dichiarato i redditi derivanti dalle stesse, regolando la propria posizione attraverso la presentazione di un’apposita istanza di emersione e versando la sanzione per l’omessa indicazione nonché, qualora le cripto-attività abbiano prodotto reddito, un’imposta sostitutiva in misura pari al 3,5% del valore delle cripto-attività detenute al termine di ogni anno o al momento del realizzo, nonché l’ulteriore somma pari allo 0,5% per ciascun anno del predetto valore a titolo di sanzioni e interessi.
Infine, il legislatore ha disposto una disciplina ad hoc in materia di imposta di bollo sui rapporti aventi ad oggetto le cripto-attività che il legislatore ha previsto nella misura del per mille annui del relativo valore, nonché dell’imposta sul valore delle cripto-attività detenute da tutti i soggetti residenti nel territorio dello Stato.
L’Agenzia delle Entrate dedica la prima parte della circolare al quadro tecnico-giuridico di riferimento con l’inquadramento delle cripto-attività in ambito europeo, la normativa unionale e nazionale degli strumenti finanziari in forma digitale. Il documento si sofferma anche sulla normativa ai fini dell’antiriciclaggio e del monitoraggio fiscale. Segue un excursus sul regime fiscale ante legge di Bilancio 2023.
Regime fiscale post legge di bilancio 2023
Al fine di dare certezza ai contribuenti la manovra 2023 ha previsto, ai soli fini fiscali, una disposizione per assoggettare i redditi derivanti dalla detenzione e cessione di attività o diritti aventi ad oggetto cripto-attività. Detta disposizione prevede che le cripto-attività sono una ‘rappresentazione digitale di valore o di diritti che possono essere trasferiti e memorizzati elettronicamente, utilizzando la tecnologia di registro distribuito o una tecnologia analoga’.
La nuova norma, in vigore dal 1°gennaio 2023, contiene una definizione fiscale di cripto-attività, analoga a quella contenuta nel regolamento MiCA. La definizione di cripto-attività operata dal legislatore fiscale è volta ad individuare una serie di attività che non costituiscono investimenti di natura strettamente finanziaria. Pertanto, rientrano nella definizione di cripto-attività tutte quelle rappresentazioni digitali di valore o di diritti che non sono suscettibili di rientrare in una definizione civilistica di strumento finanziario.
La legge n. 197 del 29 dicembre 2022 ha previsto un regime di tassazione delle cripto-attività che contempla una nuova categoria di redditi diversi soggetti a tassazione con aliquota al 26%. Per le persone fisiche sono imponibili le plusvalenze da cripto-attività con l’aliquota applicabile alle attività finanziarie purché tale reddito non venga conseguito nell’esercizio di attività d’impresa, arti o professioni.
Le stesse plusvalenze sono tassate anche per gli enti non commerciali purché non conseguite nell’esercizio di impresa commerciale. Si tratta di redditi riconducibili alla detenzione, al rimborso e al trasferimento di valori e diritti tramite tecnologia distribuita (DLT).
Il documento di prassi amministrativa ricorda che si considerano prodotti in Italia i ‘redditi diversi’ (art. 67 Tuir) derivanti da attività svolte nel territorio dello Stato e da beni che si trovano nello stesso territorio. Rientrano in questa nuova disciplina anche i redditi realizzati da soggetti non residenti se relativi a cripto-attività detenute in Italia presso prestatori di servizi o intermediari residenti in Italia o presso la loro stabile organizzazione se non residente. Qualora le cripto-attività siano detenute ‘direttamente’ dal soggetto tramite supporti di archiviazione come ad esempio chiavette usb, senza l’intervento di intermediari o prestatori di servizi, il reddito si considera prodotto in Italia se il supporto di archiviazione si trova in Italia. Si presume, inoltre, che il reddito sia prodotto in Italia se il soggetto che detiene il supporto di archiviazione è residente in Italia nel periodo di imposta di produzione del reddito.
Il legislatore, con la manovra 2023, ha previsto per chi già deteneva cripto-attività alla data del 1°gennaio 2023, di rideterminare il costo o il valore di acquisto delle stesse, a patto che il predetto valore sia assoggettato a una imposta sostitutiva del 14%, con il versamento dell’intero importo o della prima rata (in caso di rateizzazione) entro il prossimo 15 novembre.
La finanziaria 2023, inoltre, ha offerto la possibilità di prevenire possibili contestazioni, in sede di verifica sul passato, per i contribuenti che hanno omesso di indicare nella dichiarazione dei redditi le cripto-attività detenute al 31 dicembre 2021 nonché i redditi sulle stesse realizzati o che hanno violato gli obblighi di monitoraggio fiscale non indicando nel quadro RW della propria dichiarazione, i redditi derivanti dalle cripto-attività realizzati entro il medesimo termine. Questi hanno la possibilità di regolarizzare la propria posizione presentando un’apposita istanza di emersione e versando un’imposta sostitutiva del 3,5% del valore delle stessi cripto-attività detenute al termine di ogni anno o al momento del realizzo, nonché un’ulteriore somma pari allo 0,5% per ciascun anno del predetto valore a titolo di sanzioni e interessi.
In merito alle modalità e ai termini di presentazione delle domande il documento di prassi amministrativa rimanda al provvedimento direttoriale del 7 agosto 2023, con il quale è stato approvato il modello, insieme alle istruzioni e allo schema per la relazione di accompagnamento e la relativa documentazione probatoria. Il modello va presentato entro il 30 novembre 2023 insieme alla ricevuta di pagamento degli importi dovuti all’indirizzo di posta elettronica certificata della direzione regionale territorialmente competente in ragione del domicilio fiscale del contribuente relativo all’ultimo anno d’imposta interessato dalla procedura.
Dal provvedimento direttoriale dello scorso 7 agosto emerge che la regolarizzazione degli obblighi di monitoraggio è limitata alle sole cripto-valute, anche se lo stesso documento apre alla regolarizzazione mediante sostitutiva del 3,5% per l’omessa dichiarazione dei redditi derivanti da cripto-attività. Sembra, dunque, che la regolarizzazione dei redditi da cripto-attività non riguardi solo le cripto-valute ma possa estendersi anche alle ipotesi di violazione degli obblighi di monitoraggio e a prescindere dalla regolarizzazione.
(Vedi circolare n. 30 del 2023)
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Imposta sulle successioni e donazioni - Dlgs n. 346/1990 - Coacervo ‘successorio’ e ‘donativo’ |
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Venerdì, 27 Ottobre , 2023 |
L’art. 8, comma 4, del Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni disciplina l’istituto del c.d. coacervo (o cumulo) ‘successorio’ del donatum con il relictum.
Il coacervo ‘successorio’ comporta la riunione fittizia del valore attualizzato delle donazioni effettuate in vita dal de cuius agli eredi e legatari con il valore dell’asse ereditario.
La misura non ha subìto modifiche a seguito del ‘ripristino’ dell’imposta sulle successioni e donazioni ad opera del Dl n. 262/2006 convertito dalla legge 24 novembre 2006 n. 286, pure a fronte delle modifiche alla struttura dell’imposta sulle successioni e donazioni apportate dalla legge n. 342/2000 che, ai fini dell’applicazione dell’imposta di successione, ha fatto venir meno il riferimento al valore globale netto dell’asse ereditario e alla tassazione dello stesso con aliquote progressive per scaglioni.
Sull’applicabilità dell’art. 8, comma 4, del TUS, nel tempo si è consolidato un orientamento della giurisprudenza di legittimità contrario alla posizione dell’Agenzia delle Entrate.
Con la circolare n. 29/E del 19 ottobre 2023 l’Amministrazione finanziaria chiarisce che, ai fini dell’applicazione dell’imposta di successione, l’istituto del coacervo successorio deve ritenersi ‘implicitamente abrogato’, con la conseguenza che lo stesso non può essere applicato né per determinare le aliquote né ai fini del calcolo delle franchigie.
Il documento di prassi amministrativa fornisce indicazioni con riferimento al c.d. coacervo ‘donativo’ tra donatum e donatum che comporta la riunione fittizia del valore attualizzato delle donazioni anteriormente effettuate dal donante a favore del donatario con il valore globale netto dei beni e dei diritti oggetto delle donazioni.
Con questa circolare, in particolare, l’Agenzia chiarisce che, ai fini dell’applicazione dell’imposta di donazione, l’istituto del coacervo ‘donativo’ non trova applicazione con riferimento alle donazioni poste in essere nel periodo in cui la disciplina relativa all’imposta sulle successioni e donazioni risultava abrogata.
L’articolo 8, comma 4, del TUS disciplina l’istituto del coacervo ‘successorio’ il quale prevede che: ‘Il valore globale netto dell’asse ereditario è maggiorato, ai soli fini della determinazione delle aliquote applicabili a norma dell’articolo 7, di un importo pari al valore attuale complessivo di tutte le donazioni fatte dal defunto agli eredi e ai legatari, comprese quelle presunte di cui all’art. 1, comma 3, ed escluse quelle indicate all’art. 1, comma 4, e quelle registrate gratuitamente con pagamento dell’imposta in misura fissa a norma degli articoli 55 e 59; il valore delle singole quote ereditarie o dei singoli legati è maggiorato, agli stessi fini, di un importo pari al valore attuale delle donazioni fatte a ciascun erede o legatario. Per valore attuale delle donazioni anteriori si intende il valore dei beni e dei diritti donati alla data dell’apertura della successione, riferito alla piena proprietà anche per i beni donati con riserva di usufrutto o altro diritto reale di godimento’.
Tutte le donazioni poste in essere dal de cuius, comprese quelle effettuate nel periodo in cui l’imposta di successione e donazione era stata abrogata hanno rilevanza, in quanto anche durante questo periodo sussisteva pur sempre un regime impositivo, alternativo a quello abrogato, in virtù del quale per le donazioni e gli altri atti di liberalità erano dovute ‘le imposte sui trasferimenti ordinariamente applicabili per le operazioni a titolo oneroso’, con le medesime aliquote previste per i corrispondenti atti a titolo oneroso, applicabili sul valore eccedente una franchigia di 350 milioni di lire.
Nel computo della franchigia rilevano soltanto le donazioni pregresse per le quali sia stata riconosciuta una franchigia d’imposta che abbia assorbito, in tutto o in parte, l’imposta dovuta. Più precisamente, le donazioni pregresse rilevano nei limiti di valore relativamente al quale il beneficiario abbia fruito della franchigia. Detto valore deve essere attualizzato, avendo riguardo al valore normale dei beni e dei diritti alla data di apertura della successione del donante.
L’articolo 57, comma 1, del TUS va interpretato nel senso che, ai fini della determinazione delle franchigie fruibili in applicazione dell’attuale regime, rilevano sia le donazioni pregresse per le quali sia stata riconosciuta una franchigia d’imposta che abbia assorbito l’imposta all’epoca dovuta, sia le donazioni pregresse non assoggettate a tassazione in considerazione del rapporto di parentela o di coniugio tra donante e donatario, con effetti analoghi a quelli prodotti dall’applicazione di una franchigia totale.
Negli ultimi anni si è consolidato un orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale il coacervo ‘successorio’ è un istituto ‘implicitamente abrogato’ per incompatibilità applicativa con il nuovo sistema delle aliquote proporzionali introdotto dall’art. 69 della legge n. 342 del 2000, che ha sostituito il sistema delle aliquote progressive per scaglioni, per cui tale istituto non può più essere applicato né per determinare le aliquote, né ai fini del calcolo delle franchigie.
La Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 22738 del 20 ottobre 2020, ha chiarito che: come, di vero, rilevato dalla Corte, secondo un indirizzo che si è consolidato nel tempo e cui va data continuità, in tema d’imposta di successione, intervenuta la soppressione del sistema dell’aliquota progressiva in forza dell’art. 69 della legge n. 342/2000, deve ritenersi implicitamente abrogato l’art. 8, comma 4, del Dlgs n. 346/1990, che prevedeva il cumulo del donatum con il relictum al solo fine di determinare l’aliquota progressiva da applicare, attesa la sua incompatibilità con il regime impositivo caratterizzato dall’aliquota fissa sul valore non dell’asse, ma della quota di eredità o del legato. Tale orientamento è stato ribadito dalla Suprema Corte con le pronunce n. 25909 e n.27827 del 2020, n. 3989 del 2021, n. 3989 n. 10171, n. 11422 e n. 17623 del 2022.
Con riferimento al coacervo ‘donativo’ si è consolidato l’orientamento dei giudici di legittimità secondo il quale tale istituto continua ad operare in considerazione della vigente formulazione dell’art. 57, comma 1, del TUS, ma il cumulo non può ricomprendere le donazioni poste in essere nel periodo in cui l’imposta non era normativamente prevista.
La Cassazione, con la sentenza n. 727/2021, ha precisato che la disposizione normativa di cui al citato articolo 8, comma 4, del TUS ‘non è stata espressamente abrogata in sede di nuova istituzione dell’imposta, e tuttavia è stata ritenuta implicitamente superata in quanto riferita alla sola applicazione di un sistema progressivo di aliquote. La stessa sentenza ha precisato che il coacervo ‘donativo’ non deve comprendere le donazioni anteriori ‘poste in essere in esenzione da imposta ovvero nel periodo (ottobre 2001 - novembre 2006) nel quale l’imposta di donazione non esisteva’.
Alla luce di quanto esposto, devono ritenersi superati i chiarimenti resi dalle Entrate nella circolare n. 3/E/2008, paragrafo 3.2.3.
Ne deriva che, ai soli fini dell’imposta di successione, l’istituto del coacervo ‘successorio’ deve ritenersi non più attuale, con la conseguenza che lo stesso non può essere applicato né per determinare le aliquote, né ai fini del calcolo delle franchigie.
Con riferimento al coacervo ‘donativo’ devono ritenersi superati i chiarimenti resi dalla circolare n. 3/E/2008 nella parte in cui prevede che, ai fini della determinazione della franchigia, rilevano anche le donazioni effettuate nel periodo ‘compreso tra il 25 ottobre 2001 e il 29 novembre 2006 (data di entrata in vigore del regime attuale)’.
Ne deriva che, ai soli fini dell’imposta di donazione, l’istituto del coacervo ‘donativo’ continua a trovare applicazione, ma dallo stesso vanno escluse le donazioni poste in essere tra il 25 ottobre 2001 e il 28 novembre 2006, periodo in cui la disciplina relativa all’imposta sulle successioni e donazioni risultava abrogata.
Le strutture territoriali sono invitate a riesaminare le controversie pendenti concernenti la materia in esame e qualora l’attività di liquidazione dell’ufficio sia stata effettuata secondo criteri non conformi, ad abbandonare la pretesa tributaria. Nel chiedere che venga dichiarata la cessazione della materia del contendere, occorre prendere posizione anche sulle spese di giudizio, fornendo al giudice elementi che possano giustificare la compensazione, qualora non sia stata acquisita la rinuncia del contribuente alla rifusione delle spese di lite.
(Vedi circolare n. 29 del 2023)
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‘Centrali eoliche’ - Determinazione della rendita catastale - Computabilità nella stima del valore della torre di sostegno dell’aerogeneratore - Ultimi chiarimenti |
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Sabato, 21 Ottobre , 2023 |
Premessa
Dopo i chiarimenti forniti con la circolare n. 27/E/2016 sulle modalità di determinazione della rendita catastale delle centrali eoliche, l’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 28/E del 16 ottobre 2023 eroga ulteriori chiarimenti in materia.
Quadro normativo di riferimento
Dal 1°gennaio 2016 la determinazione della rendita catastale degli immobili a destinazione speciale e in particolare, censibili nelle categorie catastali dei gruppi D ed E è effettuata tramite stima diretta. A tal fine si tiene conto del suolo e delle costruzioni, nonché degli elementi ad essi strutturalmente connessi che ne accrescono la qualità e l’utilità, nei limiti dell’ordinario apprezzamento. Sono, invece, esclusi dalla stima diretta macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo.
Per garantire uniformità di trattamento tra le unità immobiliari iscritte in catasto e quelle oggetto di dichiarazione di nuova costruzione, il legislatore ha previsto la possibilità di presentare un aggiornamento catastale per la rideterminazione della rendita degli immobili già censiti e quelli nuovi o oggetto di variazione.
Le centrali eoliche: determinazione della rendita catastale
Le centrali eoliche sono strutture destinate alla produzione di energia elettrica mediante lo sfruttamento del vento, costituite da una serie di generatori eolici con le relative opere di fondazione, cabine di trasformazione e controllo, installazioni elettriche e cavi per la connessione alla rete, opere di sistemazione a terra, ecc..
In relazione alla determinazione della rendita catastale di tali tipologie di beni, la circolare n. 2/E/2016 ha chiarito che, a decorrere dal 1°gennaio 2016, non sono più oggetto di stima gli aerogeneratori (rotori e navicelle), gli inverter.
Inoltre, con la circolare n. 27/E/2016 è stato precisato che le strutture di sostegno degli aerogeneratori delle centrali eoliche sono da annoverare tra le ‘costruzioni’ e, come tali, da includere nella stima diretta finalizzata alla determinazione della rendita catastale della centrale eolica. In particolare, per le centrali eoliche vanno considerate, tra le componenti immobiliari oggetto di stima catastale, il suolo, le torri con le relative fondazioni, gli eventuali locali tecnici che ospitano i sistemi di controllo e trasformazione e le sistemazioni varie, quali recinzioni, viabilità ecc. posti all’interno del perimetro dell’unità immobiliare.
Orientamento della giurisprudenza di legittimità
In merito alle ‘torri eoliche’ la Cassazione ha chiarito che se la torre, benché fissa al suolo, assolve oltre alla funzione passiva di sostegno al pari di un traliccio elettrico e, quindi, di mero supporto statico, anche quella di ‘componente essenziale ed attiva della macchina, che svolge una funzione di contrasto della forza impressa dal vento sulle pale, al fine di consentire a queste di offrire la massima resistenza possibile e al generatore di sfruttare la potenza del vento per generare energia elettrica, la stessa risulta esente dal carico impositivo’.
Recentemente la Cassazione ha precisato che le caratteristiche ordinarie degli impianti eolici sono tali per cui la torre di sostegno partecipa al processo produttivo, senza necessità di rinviare la valutazione al giudice di merito.
Indicazioni di prassi
Alla luce di quanto sostenuto dalla giurisprudenza di legittimità, devono ritenersi superate le indicazioni contenute nella circolare n. 27/E/2016 secondo cui le torri eoliche sono da annoverare tra le ‘costruzioni’. Di conseguenza per le centrali in esame deve ritenersi escluso dalla stima catastale tutto il complesso ‘rotore-navicella-torre’, da considerarsi quindi un unicum impiantistico, funzionale alla produzione di energia elettrica.
Gestione del contenzioso pendente
Alla luce di quanto espresso la circolare invita gli Uffici territoriali a riesaminare le eventuali controversie pendenti concernenti la materia in esame e qualora l’ufficio si sia mosso in direzioni difformi, ad abbandonare la pretesa. Nel chiedere la cessazione della materia del contendere, occorre prendere posizione anche sulle spese di giudizio fornendo al giudice gli elementi che possano giustificare la compensazione, qualora non sia stata acquisita la rinuncia del contribuente alla rifusione delle spese di lite.
(Vedi circolare n. 28 del 2023)
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Regime di ‘realizzo controllato’ - Conferimento delle quote complessivamente detenute, parte in piena proprietà e parte in nuda proprietà - Conferimento ‘minusvalente’ |
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Sabato, 21 Ottobre , 2023 |
L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 56/E del 16 ottobre 2023, fornisce chiarimenti in merito al regime del c.d. ‘realizzo controllato’ ai sensi dell’art. 177, comma 2-bis del Dpr n. 917/1986.
L’istante, soggetto passivo persona fisica, residente in Italia, informa di voler conferire la totalità delle proprie partecipazioni in una società di nuova costituzione (newco) interamente partecipata dal conferente. Si tratta, nello specifico, di una quota societaria detenuta in piena proprietà e di una quota detenuta invece in nuda proprietà. Il conferimento verrebbe realizzato in regime di c.d. ‘realizzo controllato’ ad un importo inferiore al costo fiscale della partecipazione conferita non ritenendo necessaria una eccessiva patrimonializzazione della holding. Così agendo l’istante intende dare origine ad un conferimento ‘minusvalente’. Ciò in quanto la società è una holding familiare la cui politica di investimenti negli ultimi anni è divenuta fonte di contrasti tra i soci/familiari.
La costituzione della newco in cui far confluire l’intera partecipazione che l’istante detiene nella società, risponde all’esigenza dello stesso di poter reinvestire i redditi secondo le proprie idee. Mantenere la società con un patrimonio limitato consentirebbe di beneficiare di molte semplificazioni sia sul piano contabile che gestionale e di compliance.
L’esigenza di non patrimonializzare eccessivamente la newco, risiede anche nel fatto che la stessa non avrà rapporti con terzi che richiederebbero di essere salvaguardati con adeguata dotazione patrimoniale.
In merito al conferimento a valori inferiori al valore economico dei beni conferiti, l’istante richiama l’articolo 2465 c.c.che autorizza le parti a fissare convenzionalmente il valore del conferimento in misura inferiore al valore indicato nella perizia. La sottovalutazione non comporta alcuna minaccia per l’effettività del capitale sociale, né pregiudica le ragioni dei creditori sociali.
Ciò posto chiede:
- se possono essere conferite in regime di ‘realizzo controllato’ solo le partecipazioni detenute in piena proprietà, oppure anche quelle detenute in nuda proprietà, considerando che queste ultime, prese isolatamente, non raggiungono la percentuale di qualificazione richiesta dall’art. 177, comma 2-bis, del Tuir;
- ‘a prescindere dalla soluzione del primo quesito’ , se nel caso in cui il conferimento risulti ‘minusvalente’ possa continuare a valere il metodo di determinazione del reddito ‘a realizzo controllato’ o ‘neutralità indotta’ o se debba essere applicato il metodo del valore normale previsto dall’art. 9 del Tuir.
Il regime di realizzo controllato è applicabile anche ai casi in cui le partecipazioni non integrano o non accrescono il requisito del controllo sulla conferitaria purché il conferimento abbia comunque ad oggetto partecipazioni che superano determinate soglie di qualificazione dettate dalla norma.
Beneficia del regime di realizzo controllato anche il conferimento caratterizzato da quote detenute in nuda proprietà unitamente a quelle detenute in piena proprietà.
In merito agli effetti prodotti dal conferimento in regime di realizzo controllato sul reddito del conferente non si prenderà in considerazione in valore normale delle partecipazioni conferite ma la differenza tra l’aumento del patrimonio netto effettuato dalla conferitaria per effetto di detto conferimento e il costo fiscale della partecipazione scambiata.
La risoluzione 38/E/2012 e il principio di diritto del 28 luglio 2020 n. 10 hanno ribadito che il regime del realizzo controllato risulta essere una deroga al principio generale di determinazione delle plusvalenze recato dall’art. 9 del Tuir (valore normale) ‘costituendo un’ipotesi specifica di determinazione del reddito del conferente, avente natura agevolativa e applicabile ex se in presenza dei presupposti di legge previsti dalla norma’.
Quindi i commi 2 e 2-bis dell’art. 177 del Tuir si applicano nelle sole ipotesi di conferimenti di partecipazioni il cui valore normale sia superiore al relativo valore fiscale.
Nel caso in cui dovesse verificarsi la condizione sopra esposta, ma il costo fiscale della partecipazione conferita dovesse essere maggiore dell’incremento di patrimonio netto effettuato dalla società conferitaria (cd conferimento minusvalente), tale circostanza non determinerà l’applicazione delle regole di determinazione del reddito previste dall’art. 9 del Tuir in capo al soggetto conferente.
In altre parole, la differenza (negativa) tra il minor valore della partecipazione ricevuta dal conferente, successivamente all’operazione di conferimento, rispetto al valore fiscale della partecipazione conferita, comporta comunque l’applicazione dei commi 2 e 2-bis dell’articolo 177 del Tuir, ma non consente al conferente di dedurre la minusvalenza.
Nel caso prospettato, l’istante, titolare in piena proprietà di una quota che rappresenta oltre il 20% dei diritti di voto esercitabili nell’assemblea della società, e in nuda proprietà di una quota del capitale della società, intende conferire la totalità delle predette partecipazioni in una società di nuova costituzione, interamente partecipata dallo stesso, che, sulla base di quanto rappresentato, rileverà, a seguito del conferimento, un incremento del patrimonio netto di valore inferiore rispetto al costo fiscale delle partecipazioni in capo al conferente.
In merito al primo quesito la risoluzione ritiene che la descritta operazione di conferimento della complessiva partecipazione detenuta soddisfa i requisiti di cui alla lettera a) del comma 2-bis dell’articolo 177 del Tuir.
Pertanto, al conferimento della totalità delle quote detenute dall’Istante è applicabile il regime di realizzo controllato, nel rispetto degli altri requisiti e condizioni di legge.
In relazione al secondo quesito l’Agenzia delle Entrate precisa che nel caso prospettato all’esito del conferimento in regime di realizzo controllato, l’istante consegue una partecipazione di valore inferiore al costo fiscale della partecipazione originaria nella Società che non pregiudica l’applicabilità del regime stesso, ma produce l’effetto della non deducibilità della minusvalenza in capo al conferente.
(Vedi risoluzione n. 56 del 2023)
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Certificazione Unica 2024 - Compilazione Sezione ‘Dati relativi al coniuge e ai familiari a carico’ - Chiarimenti alla luce delle novità del Dlgs n. 230/2021 |
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Venerdì, 6 Ottobre , 2023 |
L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 55/E del 3 ottobre 2023, fornisce chiarimenti in merito alla corretta compilazione della sezione della Certificazione Unica dedicata ai ‘Dati relativi al coniuge e ai familiari a carico’.
È stato chiesto, in particolare, se a seguito delle modifiche normative introdotte a decorrere dal 1°marzo 2022, la citata sezione debba essere comunque compilata con riguardo ai figli per i quali in luogo delle detrazioni è riconosciuto l’Assegno Unico.
Con l’intento di coordinare la fruizione dell’Assegno Unico Universale e il riconoscimento delle detrazioni per carichi di famiglia previste dal Tuir il richiamato decreto delegato n. 230/2021 ha previsto che, a far data dal 1°marzo 2022:
- la detrazione Irpef per i figli a carico sia riconosciuta limitatamente ai figli di età pari o superiore a 21 anni;
- cessino di aver efficacia le maggiorazioni della detrazione Irpef previste per figli minori di tre anni; per figli con disabilità; per le famiglie numerose.
Pertanto, per il periodo d’imposta 2023, per ciascun figlio a carico di età inferiore a 21 anni, il riconoscimento della detrazione per carichi di famiglia è sostituito dall’erogazione dell’Assegno Unico Universale, fatto salvo quanto previsto dal decreto 230/2021.
A seguito delle modifiche introdotte dal decreto legge Sostegni-ter, il contribuente con figli di età inferiore a 21 anni fiscalmente a carico non può più avvalersi delle detrazioni di cui all’art. 12, comma 1, lettera c) del Tuir ma può avvalersi delle detrazioni e delle deduzioni previste per oneri e spese sostenute nell’interesse dei familiari fiscalmente a carico.
La sezione della CU dedicata ai ‘Dati relativi al coniuge e ai familiari a carico’ va compilata dal sostituto d’imposta anche nell’ipotesi in cui per i soggetti ivi indicati non si è provveduto al riconoscimento della detrazione per carichi di famiglia di cui all’art. 12 del Tuir o oneri e spese sostenute nell’interesse dei familiari fiscalmente a carico.
Le informazioni relative ai figli a carico per cui non spettano le detrazioni di cui all’art. 12 del Tuir sono necessarie per determinare le addizionali regionali all’Irpef con riferimento alle Regioni che prevedono particolari agevolazioni correlate al carico fiscale.
Limitatamente al periodo d’imposta 2023, il decreto legge n. 48/2023 ha previsto la non concorrenza alla formazione del reddito, entro il limite complessivo di 3 mila euro, del valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti con figli (compresi gli adottivi, gli affidati), che si trovino nelle condizioni previste dall’articolo 12, comma 3, del Tuir, nonché delle somme erogate rimborsate ai medesimi lavoratori dei datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche di acqua, luce e gas.
Tale limite di 3 mila euro trova applicazione se il lavoratore dipendente dichiara al datore di lavoro di avervi diritto. A tal fine il lavoratore comunica i codici fiscali dei figli al sostituto, che provvederà a riportare tali dati nel prospetto dei familiari a carico, anche se per detti familiari non si è usufruito delle detrazioni.
Le istruzioni per la compilazione della CU 2024 illustreranno le modalità di compilazione della sezione ‘Dati relativi al coniuge e ai familiari a carico’ con riferimento alle novità appena descritte.
Un prospetto dei familiari a carico completo, nel quale figurino anche i codici fiscali dei figli per i quali il contribuente fruisce dell’Assegno unico, consente all’Agenzia delle Entrate di avere a disposizione informazioni fondamentali per poter attribuire nella dichiarazione dei redditi precompilata le spese sostenute per i figli comunicate dai soggetti terzi, permettendo quindi al contribuente di accettare la dichiarazione proposta e beneficiare delle conseguenti agevolazioni sui controlli.
(Vedi risoluzione n. 55 del 2023)
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Istituzione dei codici tributo per il versamento delle somme recuperate a seguito del controllo sostanziale sulle agevolazioni di cui al Decreto Rilancio |
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Sabato, 23 Settembre , 2023 |
Il decreto legge Rilancio, all’articolo 24, prevede l’esonero dal versamento del saldo Irap relativa al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019, fermo restando il versamento dell’acconto dovuto per il medesimo periodo d’imposta. Previsto l’esonero dal versamento della prima rata dell’acconto dell’Irap relativa al primo periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019.
Per consentire il versamento, tramite il modello di versamento ‘F24 Versamenti con elementi identificativi’ (F24 ELIDE), delle somme dovute a seguito delle attività di recupero del beneficio indebitamente usufruito, unitamente agli interessi e alle sanzioni previste per le ipotesi di omesso versamento, l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 52/E del 18 settembre 2023, ha istituito i codici tributo dal ‘5063’ al ‘5066’.
(Vedi risoluzione n. 52 del 2023)
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EPPI - riattivazione causale contributo per il versamento dei contributi di spettanza dell’Ente |
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Sabato, 23 Settembre , 2023 |
A seguito della richiesta formulata dall’Ente di Previdenza dei Periti Industriali e dei Periti Industriali Laureati (‘EPPI’), l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 53/E del 22 settembre 2023, ha disposto la riattivazione della causale contributo ‘E068’ denominata ‘EPPI - Saldo contributivo - art. 8, comma 1, del Regolamento di previdenza’. La presente causale contributo va utilizzata per il versamento, tramite modello F24, dei contributi di spettanza dell’Ente.
(Vedi risoluzione n. 53 del 2023)
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Modello F24 (sezione Inps) - Soppressione delle causali contributo ‘PCAS’ e ‘PSCO’ |
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Sabato, 23 Settembre , 2023 |
Come richiesto dall’Inps, l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 54/E del 22 settembre 2023 ha disposto la soppressione delle seguenti causali contributo: ‘PCAS’ denominata ‘Versamenti al fondo pensioni casalinghe’ e ‘PSCO’ denominata ‘Versamenti al fondo pensioni casalinghe - aziende convenzionate’.
(Vedi risoluzione n. 54 del 2023)
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Modifiche apportate alla disciplina della cessione del credito e dello sconto in fattura e altre misure in tema di bonus edilizi |
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Sabato, 9 Settembre , 2023 |
Il decreto legge Cessioni (Dl n. 11/2023) che ha introdotto modifiche al decreto Rilancio ha modificato la disciplina in merito allo sconto in fattura e alla cessione dei crediti d’imposta relativi al Superbonus e agli altri interventi finalizzati al recupero del patrimonio edilizio, all’efficientamento energetico, ai lavori di consolidamento sismico, al recupero delle facciate, all’installazione di impianti fotovoltaici e alla eliminazione di barriere architettoniche.
L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 27/E del 7 settembre 2023, ha fornito chiarimenti sulle novità introdotte dal decreto in parola.
La normativa - Le modifiche del Decreto Cessioni al Decreto Rilancio
Per gli interventi ammessi al Superbonus e per gli altri sopra elencati il Decreto Cessioni ha modificato la disciplina riguardante la cessione dei crediti d’imposta e lo sconto in fattura relativi alle spese sostenute. L’introduzione di misure limitative è stata giustificata da ragioni di tutela della finanza pubblica.
A partire dal 17 febbraio 2023, per il titolare della detrazione d’imposta il decreto Cessioni stabilisce un generale divieto di esercizio dell’opzione per lo sconto in fattura o per la cessione del credito d’imposta. Dunque, salvo deroghe tassative, i beneficiari del Superbonus e dei bonus diversi dal Superbonus potranno fruire esclusivamente della detrazione in diminuzione delle imposte dovute, in sede di dichiarazione dei redditi, mediante una ripartizione su più anni d’imposta.
Il decreto in parola, all’articolo 2 comma 4, abroga le norme che prevedevano la possibilità di esercitare il diritto di opzione, in luogo della detrazione, per la cessione dei crediti d’imposta e per lo sconto in fattura limitatamente a: spese per interventi di riqualificazione energetica e interventi di ristrutturazione per le parti comuni di edifici condominiali, con lavori di importo pari o superiore a 200 mila euro; spese per interventi di riduzione del rischio sismico realizzati sulle parti comuni di edifici condominiali o realizzati nei comuni ricadenti nelle zone sismiche 1, 2 e 3, mediante demolizione e ricostruzione ad opera di imprese di costruzione che provvedono anche alla vendita.
Con l’entrata in vigore del Decreto Cessioni gli interventi che rientravano nella previsione delle norme abrogate possono fruire dello sconto in fattura o della cessione del credito d’imposta solo ove siano compresi nell’elenco di cui al comma 2 dell’art. 121 e sempre che ricorrano le condizioni di deroga previste dal decreto in esame.
Deroghe al divieto di esercizio dell’opzione
Le spese sostenute per gli interventi finalizzati alla rimozione delle barriere architettoniche possono ancora avvalersi dello sconto in fattura e della cessione dei crediti. Il divieto previsto dall’articolo 2, comma 1, incontra dunque una prima deroga per le spese documentate sostenute dal 1°gennaio 2022 per l’abbattimento delle barriere architettoniche.
La cessione del credito e lo sconto in fattura continuano ad essere esercitabili per gli interventi agevolabili ammessi al Superbonus per i quali, alla data del 16 febbraio 2023, risulti:
- presentata la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) nei casi di interventi diversi da quelli effettuati dai condomìni;
- adottata la delibera assembleare che ha approvato l’esecuzione dei lavori e risulti presentata la CILA, nei casi d’interventi effettuati dai condomìni;
- presentata l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo per gli interventi comportanti la demolizione e la ricostruzione degli edifici.
Con riferimento alla CILA, per esercitare l’opzione è necessario che essa sia stata presentata entro il 16 febbraio 2023, a prescindere dalla circostanza che i lavori richiedano un diverso titolo edilizio. Per gli interventi edilizi iniziati prima dell’introduzione dell’obbligo di presentazione della CILA, rileva, ai fini della deroga, la data di presentazione del diverso titolo abilitativo richiesto dalla norma all’epoca vigente.
Lo sconto in fattura e la cessione del credito è riconosciuto, inoltre, con riferimento alle aree classificate come zone sismiche di categoria 1, 2 e 3 e per gli interventi rientranti nei piani di recupero del patrimonio edilizio esistente o di riqualificazione urbana.
Un’ulteriore deroga al divieto di opzione in riferimento agli interventi non rientranti nel Superbonus, riguarda le spese sostenute per gli interventi diversi da quelli di cui all’art. 119 del decreto Rilancio per i quali al 16 febbraio 2023:
- risulti presentata la richiesta del titolo abilitativo, ove necessario;
- siano già iniziati i lavori per gli interventi per i quali non è prevista la presentazione di un titolo abilitativo oppure, nel caso in cui non siano ancora iniziati, sia già stato stipulato un accordo vincolante tra le parti per la forniture dei beni e dei servizi oggetto dei lavori;
- risulti presentata la richiesta di titolo abilitativo per l’esecuzione dei lavori edilizi rientranti nell’articolo 16-bis, comma 1, lettera d) e comma 3, del Tuir e nell’articolo 16, comma 1-septies, del Dl n. 63/2013.
La presentazione di un progetto in variante alla CILA o al diverso titolo abilitativo richiesto non rileva ai fini del rispetto dei termini previsti. Dunque, sia per le spese sostenute in relazione agli interventi ammessi al Superbonus sia per quelle relative agli interventi ammessi ai bonus diversi dal Superbonus, l’art. 2-bis del decreto Cessioni stabilisce che nel caso in cui siano stati presentati progetti edilizi in variante alla CILA o al diverso titolo abilitativo richiesto, la verifica per stabilire l’applicabilità delle deroghe del Decreto Cessioni deve avvenire con riferimento: alla data di presentazione dell’originaria CILA; alla data di presentazione dell’originario titolo abilitativo; alla data della delibera di esecuzione lavori, in caso di interventi condominiali.
Una deroga di carattere soggettivo al divieto di opzione per lo sconto in fattura o cessione del credito è prevista per gli Iacp e assimilati, cooperative di abitazione a proprietà indivisa, Onlus, nonché Odv e Aps iscritte nei relativi registri.
Un’ulteriore deroga è rappresentata per gli interventi effettuati in relazione a immobili danneggiati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 1°aprile 2009 dove sia stato dichiarato lo stato di emergenza, nonché gli edifici danneggiati da eventi meteorologici verificatisi nelle Marche a partire dal 15 settembre 2022, per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza.
Nuovo perimetro della responsabilità solidale dei fornitori e dei cessionari
Il legislatore è intervenuto con diversi correttivi per contrastare i fenomeni fraudolenti nelle operazioni di cessione dei crediti d’imposta relativi ai bonus edilizi. Il Decreto Cessioni ha individuato delle ipotesi al ricorrere delle quali il fornitore o il cessionario del credito d’imposta non concorre nella violazione per colpa grave e nelle quali, pertanto, non si configura la responsabilità in solido con il beneficiario della detrazione qualora sia accertata la carenza dei relativi presupposti costitutivi.
La disposizione stabilisce che non ricorre l’elemento soggettivo della colpa grave e, quindi, è esclusa la responsabilità in solido del fornitore o del cessionario del credito d’imposta qualora questo dimostri, congiuntamente: di aver acquistato il credito d’imposta; di essere in possesso della documentazione relativa alle opere edilizie dalle quali si è originato il credito.
Laddove il cessionario o fornitore dimostri di aver acquisito il credito e sia in possesso della documentazione elencata al comma 6-bis dell’articolo 121 del decreto Rilancio, non si configura l’ipotesi di concorso nella violazione con il beneficiario della detrazione per mancanza dei presupposti costitutivi.
Il mancato possesso di parte della documentazione non è di per sé causa di responsabilità solidale per dolo o colpa grave del cessionario, il quale può fornire con ogni mezzo prova della propria diligenza o della non gravità della diligenza. Ai fini della contestazione del concorso del cessionario nella violazione e della sua responsabilità solidale, sull’ente impositore grava l’onere della prova della sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave del cessionario.
In pratica, il mancato possesso della documentazione elencata al comma 6-bis non comporta, di per sé, la sussistenza di dolo o colpa grave del cessionario, in quanto detti elementi soggettivi non sono desumibili dalla sola mancanza di detta documentazione conservando il cessionario la possibilità di fornire, con ogni mezzo, prova della propria diligenza o della non gravità della negligenza.
La limitazione di responsabilità solidale del cessionario al dolo e alla colpa grave opera solo con riferimento ai crediti d’imposta per i quali siano stati acquisiti i visti di conformità, le asseverazioni e le attestazioni di legge di cui agli art.119 e 121 del Decreto Rilancio.
Un’ulteriore ipotesi di esclusione della responsabilità solidale è applicabile ai cessionari che acquistano i crediti d’imposta da una banca o da una società appartenente al gruppo bancario o da una società quotata e che dispongano di un’attestazione di possesso della documentazione di cui al comma 6-bis, rilasciata dai soggetti qualificati elencati.
Ripartizione in 10 rate annuali della quota annua di credito non utilizzata
Il Decreto Cessioni attribuisce al cessionario di taluni crediti, al ricorrere di specifiche condizioni, la facoltà di ripartire la quota annuale di credito d’imposta non utilizzata nell’anno (credito residuo) in ulteriori 10 rate annuali di pari importo.
Tale disposizione consente di ripartire la quota annuale di credito d’imposta residuo in 10 rate annuali di pari importo per agevolare i cessionari che non hanno la capienza per utilizzare in compensazione tramite mod. F24, entro il 31 dicembre, la quota annuale del credito d’imposta acquistato.
I crediti d’imposta per i quali può essere esercitata la facoltà in parola sono gli interventi del Superbonus, quelli finalizzati al superamento delle barriere architettoniche e gli interventi antisismici (sismabonus).
Remissione in bonis
Il Decreto Cessioni individua due ipotesi in cui il contribuente può avvalersi della remissione in bonis. La prima ipotesi opera nel caso in cui il contribuente non abbia presentato tempestivamente l’asseverazione di efficacia degli interventi, necessaria per fruire dell’agevolazione negli interventi volti alla riduzione del rischio sismico. La seconda riguarda la comunicazione per l’esercizio dell’opzione di cessione del credito nel caso in cui il contratto di cessione del credito d’imposta non sia stato concluso entro il 31 marzo 2023 e il cessionario sia un soggetto qualificato.
Abbiamo detto che il Decreto Cessioni prevede la possibilità che il contribuente si avvalga della remissione in bonis per sanare la mancata presentazione nei termini dell’asseverazione di efficacia degli interventi per la riduzione del rischio sismico. Scopo di tale misura è consentire al contribuente di beneficiare della detrazione delle spese di cui all’art. 16, comma 1-quater, 1-quinquies e 1-septies del Dl n. 63/2013 (sismabonus) e all’art. 119, comma 4, Decreto Rilancio (super sismabonus).
Il contribuente intenzionato a beneficiare della detrazione è tenuto ad inviare l’asseverazione entro il termine di presentazione della prima dichiarazione dei redditi nella quale deve essere esercitato il diritto a beneficiare della detrazione della prima quota costante dell’agevolazione.
Qualora il contribuente intenda avvalersi, in luogo della detrazione d’imposta, dell’opzione dello sconto in fattura o della cessione del credito d’imposta, la remissione in bonis, mediante la presentazione dell’asseverazione citata, deve perfezionarsi prima della presentazione della comunicazione di opzione.
La seconda ipotesi di remissione in bonis del Decreto Cessioni opera nel caso in cui la Comunicazione per l’esercizio dell’opzione di cessione del credito non sia stata effettuata entro il 31 marzo 2023 perché, a tal data, non risultava ancora concluso il contratto di cessione del credito. Il decreto in parola consente la presentazione tardiva della Comunicazione per l’esercizio dell’opzione di cessione sopra identificata, avvalendosi dell’istituto della remissione in bonis, nonostante alla data del 31 marzo 2023 mancasse il presupposto sostanziale per l’invio della Comunicazione, ossia un contratto regolarmente concluso.
Tale eccezione all’istituto della remissione in bonis - limitata alle sole spese sostenute nel 2022, nonché per le rate residue non fruite delle detrazioni riferite alle spese sostenute nel 2020 e nel 2021 - è, tuttavia, subordinata alla condizione che il cessionario del credito d’imposta rientri tra i soggetti qualificati (banche, intermediari finanziari iscritti all’albo, società appartenenti a un gruppo bancario).
Per ciascuna Comunicazione di cessione del credito non effettuata nel termine del 31 marzo 2023 il contribuente deve versare un importo pari a 250 euro. Questo pagamento sana l’inadempimento del contribuente.
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Chiarimenti in tema di tassazione delle mance percepite dal personale impiegato nelle strutture ricettive e negli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande |
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Domenica, 3 Settembre , 2023 |
La legge di Bilancio 2023 ha introdotto una nuova modalità di tassazione per particolari somme percepite dai lavoratori dipendenti. Parliamo di somme elargite con liberalità (c.d. mance) e corrisposte sia in contanti che con mezzi di pagamento elettronici ai lavoratori delle strutture ricettive e degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande.
L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 26/E del 29 agosto 2023, ha fornito chiarimenti su questo trattamento integrativo speciale a vantaggio dei lavoratori del settore privato del comparto turistico, ricettivo e termale.
Ambito oggettivo e soggettivo
Nel reddito di lavoro dipendente figurano tutti gli introiti percepiti dal lavoratore compresi quelli elargiti sotto forma di erogazioni liberali. Dunque, i valori corrisposti da terzi nell’ambito del rapporto di lavoro rientrano nella nozione di reddito di lavoro dipendente.
In merito alle mance è stata prevista, in luogo della naturale inclusione nel reddito di lavoro dipendente, ‘un’imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali con l’aliquota del 5%, entro il limite del 25% del reddito percepito nell’anno per le relative prestazioni di lavoro’.
Questo regime di tassazione agevolato si applica solo con riguardo alle mance percepite dai lavoratori delle strutture ricettive e degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande.
Il nuovo regime di tassazione sostitutiva si applica alle mance percepite dai lavoratori del settore privato delle strutture che risultino ‘titolari di reddito di lavoro dipendente di importo non superiore a 50.000 euro’ e che non abbiano rinunciato alla facoltà di optare per la tassazione sostitutiva.
Ai fini del calcolo del limite reddituale previsto, vanno considerati tutti i redditi di lavoro dipendente conseguiti dal lavoratore, compresi quelli derivanti da attività lavorativa diversa da quella svolta nel settore turistico-alberghiero o della ristorazione.
Il limite reddituale di 50.000 euro si riferisce al periodo d’imposta precedente a quello di percezione delle mance da assoggettare a imposta sostitutiva. È bene ricordare che si considerano percepiti nel periodo d’imposta anche le somme e i valori corrisposti entro il 12 gennaio del periodo d’imposta successivo a quello a cui si riferiscono.
Sono tre i requisiti soggettivi per l’applicazione di questo regime sostitutivo:
- titolarità di un rapporto di lavoro nel settore privato;
- percezione nell’anno precedente di redditi di lavoro dipendente non superiori a 50.000 euro, anche se derivanti da più rapporti di lavoro con diversi datori;
- assenza di una rinuncia scritta alla tassazione sostitutiva.
La tassazione sostitutiva è il regime naturale di tassazione delle marce. Quello ordinario si applica solo in caso di rinuncia scritta del primo.
Modalità applicative e limiti
Le mance costituiscono redditi di lavoro dipendente e, salvo rinuncia scritta del lavoratore, sono soggette a una tassazione sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali regionali e comunali, con aliquota del 5%, entro il limite del 25% del reddito percepito nell’anno per le relative prestazioni di lavoro.
Il 25% si applica sulla somma di tutti i redditi di lavoro dipendente percepiti nell’anno per le prestazioni di lavoro rese nel settore turistico-alberghiero e della ristorazione, comprese le mance. Tale limite del 25% rappresenta una franchigia, con la conseguenza che, in caso di superamento dello stesso, solo la parte eccedente il limite deve essere assoggettata a tassazione ordinaria.
Il superamento del limite reddituale di 50.000 euro di redditi di lavoro dipendente, previsto per l’accesso al regime sostituito in parola, non rileva nell’anno in cui si percepiscono le mance, ma costituisce una causa ostativa alla tassazione agevolata delle predette mance conseguite nell’anno successivo.
Per meglio comprendere questo regime sostitutivo la circolare fa un esempio. Suppone che un lavoratore, in possesso dei requisiti soggettivi, abbia conseguito:
- nel 2022 redditi di lavoro dipendente (anche in settori diversi da quello ricettivo e della ristorazione) per un importo complessivo non superiore a 50.000 euro;
- nel 2023 un reddito di lavoro dipendente maturato nel settore turistico pari a 45.000 euro, di cui 15.000 per mance, e un reddito di lavoro dipendente relativo a un settore diverso da quello turistico-alberghiero pari a 10.000 euro.
Alla luce della norma in commento:
- 11.250 euro sono tassati con imposta sostitutiva nella misura del 5%;
- 3.750 euro sono assoggettati alle ordinarie disposizioni fiscali.
Si precisa che il reddito di riferimento dell’anno 2023 nel caso sopra descritto, che rileva per l’applicazione della norma nell’anno 2024, è pari a 55.000 euro, ossia la somma di tutti i redditi di lavoro dipendente percepiti nell’anno 2023, ivi incluse le mance tassate con imposta sostitutiva.
Ne consegue che il lavoratore non potrà beneficiare dell’agevolazione in esame nell’anno 2024, avendo superato nell’anno d’imposta precedente, ossia il 2023, il limite reddituale previsto (50.000 euro).
Adempimenti del datore di lavoro e del lavoratore
Al sostituto d’imposta, ossia al datore di lavoro, spetta il compito di applicare l’imposta sostitutiva in parola. Tale applicazione presuppone la verifica del rispetto del limite di 50.000 euro di reddito di lavoro dipendente conseguito dal lavoratore, che deve essere riferito al precedente periodo d’imposta e deve includere tutti i rapporti di lavoro, anche quelli fuori dal settore turistico-alberghiero e della ristorazione.
Nell’applicare l’imposta sostitutiva il datore di lavoro deve tenere conto delle mance e deve indicare separatamente nella certificazione unica sia le mance assoggettate a imposta ordinaria sia quelle assoggettate a imposta sostitutiva. Il lavoratore, invece, deve comunicare al sostituto d’imposta l’insussistenza del diritto ad avvalersi del regime in parola nel caso in cui nell’anno precedente abbia conseguito redditi di lavoro dipendente superiore a 50.000 euro. Lo stesso lavoratore deve comunicare al datore l’importo del reddito percepito per le prestazioni di lavoro rese nel settore turistico-ricettivo presso altri datori di lavoro e delle eventuali mance assoggettate a imposta sostitutiva dagli stessi.
Il lavoratore, inoltre, può comunicare al proprio datore la rinuncia al regime agevolato e, di conseguenza, le somme in questione saranno tassate con modalità ordinaria. Il sostituto d’imposta è tenuto, comunque, ad indicare separatamente nella certificazione unica le mance percepite dal lavoratore assoggettate a tassazione ordinaria e la parte di queste teoricamente assoggettabili a imposizione sostitutiva.
La rinuncia del lavoratore deve avvenire in forma scritta. In mancanza, il sostituto d’imposta applica l’imposta sostitutiva, ovviamente in presenza delle condizioni di legge.
Se il sostituto rileva che la tassazione sostitutiva è meno vantaggiosa per il lavoratore, anche in assenza della rinuncia di questo, può applicare la tassazione ordinaria, informando il lavoratore stesso.
Il lavoratore ha la possibilità di utilizzare la dichiarazione dei redditi per applicare il regime a lui più favorevole. Può, infatti, assoggettare a tassazione ordinaria le somme in questione se il datore di lavoro ha applicato l’imposta sostitutiva o, viceversa, avvalersi dell’imposta sostitutiva se il datore di lavoro non vi abbia già provveduto.
Ai fini Iva le somme elargite a titolo di mancia rappresentano movimentazioni finanziarie fuori campo Iva e, pertanto, non incrementano il volume d’affari del datore di lavoro. Ai fini delle imposte dirette, le somme in esame non sono né ricavi né costi per il datore di lavoro.
Trattamento integrativo speciale per i lavoratori del settore privato, impiegati nel comparto turistico, ricettivo e termale
Il decreto legge n. 48/2023 (c.d. decreto Lavoro) riconosce all’articolo 39-bis un trattamento integrativo speciale che non concorre alla formazione del reddito, pari al 15% delle retribuzioni corrisposte in relazione al lavoro notturno e alle prestazioni di lavoro straordinario effettuato nei giorni festivi.
I lavoratori dipendenti del settore privato attivi nel comparto turistico, ricettivo e termale hanno diritto al trattamento integrativo speciale se nel periodo d’imposta 2022 sono stati titolari di reddito di lavoro dipendente di importo non superiore a 40.000 euro. Ai fini del calcolo di questo limite reddituale vanno considerati tutti i redditi di lavoro dipendente conseguiti dal lavoratore (anche da più datori di lavoro), compresi quelli derivanti da lavori diversi da quelli svolti nel settore turistico e ricettivo.
Su richiesta del lavoratore il sostituto d’imposta riconosce il trattamento integrativo speciale e attesta per iscritto l’importo del reddito di lavoro dipendente conseguito nel 2022 tramite dichiarazione sostitutiva di atto notorio. La documentazione comprovante l’avvenuta dichiarazione va conservata ai fini di un eventuale controllo.
Il trattamento integrativo speciale è calcolato sulla retribuzione lorda - corrisposta per il lavoro straordinario prestato nei giorni festivi e/o notturni - riferita esclusivamente alle prestazioni rese nel periodo compreso dal 1°giugno 2023 al 21 settembre 2023.
L’agevolazione in parola viene erogata a partire dalla prima retribuzione utile, comprendendo anche le quote di trattamento integrativo riferite a mesi precedenti non ancora erogate. Il datore di lavoro può erogare il trattamento in commento anche successivamente al 21 settembre 2023 e, comunque, entro il termine di effettuazione delle operazioni di conguaglio di fine anno. Il sostituto d’imposta indicherà nella certificazione unica, relativa al periodo d’imposta 2023, il trattamento integrativo speciale erogato al lavoratore.
Per consentire ai sostituti d’imposta di recuperare le somme erogate gli stessi possono avvalersi dell’istituto della compensazione. Il recupero in compensazione orizzontale del trattamento erogato al lavoratore deve avvenire mediante l’utilizzo dei servizi telematici delle Entrate. L’Amministrazione finanziaria ha messo a disposizione il codice tributo ‘1702’.
(Vedi circolare n. 26 del 2023)
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Profili fiscali dello smart working e disciplina tributaria dei lavoratori frontalieri |
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Sabato, 2 Settembre , 2023 |
L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 25/E del 18 agosto 2023, analizza lo smart working e si sofferma sulle regole di tassazione applicabili che interessano anche il lavoro transfrontaliero o frontaliero.
Con l’avvento della pandemia il lavoro agile è diventato o sta diventando modalità ‘ordinaria’ di svolgimento delle prestazioni lavorative. Rilevante appare, pertanto, l’individuazione dei profili fiscali legati al fenomeno del c.d. ‘mobility of work’.
Il documento di prassi amministrativa si sofferma, in particolare, su due fenomeni, a ciascuno dei quali dedica una specifica elaborazione.
La prima parte si sofferma sui profili fiscali del lavoro da remoto, prestando attenzione ai recenti orientamenti di prassi, anche ai fini dell’applicazione dei regimi agevolativi rivolti alle persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia per svolgervi la propria attività lavorativa.
La seconda parte è dedicata, invece, alla speciale disciplina dei lavoratori ‘frontalieri’, alla luce dei recenti sviluppi e del nuovo Accordo internazionale siglato con la Svizzera, e delle novità introdotte dalla relativa legge di ratifica (legge n. 83 del 13 giugno 2023).
PARTE PRIMA. Profili fiscali del lavoro da remoto
Residenza fiscale e smart working
Lo smart working o lavoro da remoto che ha avuto un’ampia diffusione a seguito della pandemia da Covid-19, non ha modificato la normativa che disciplina la residenza fiscale la quale è ancora disciplinata dall’articolo 2 del Tuir (Testo Unico delle Imposte sui Redditi). Si considerano residenti in Italia le persone fisiche che per la maggior parte dell’anno:
- sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente;
- hanno il proprio domicilio nel territorio dello Stato italiano;
- hanno la propria residenza in Italia.
Si tratta di condizioni tra loro alternative. Significa che basta una sola di queste per considerare residente fiscalmente in Italia una persona fisica. Per stabilire la residenza, al di là del dato formale dell’iscrizione anagrafica, è necessario un riscontro fattuale da eseguirsi caso per caso. L’analisi permette di verificare il luogo di domicilio o di residenza. Il domicilio è il luogo in cui una persona stabilisce la sede principale dei suoi affari e interessi e fa coincidere la dimora abituale con la residenza.
Per configurare la residenza non occorre la continuità della dimora abituale, ne consegue che anche prolungati periodi di assenza non escludono il radicamento in Italia. In merito al domicilio, va tenuto conto anche dei rapporti di natura non patrimoniale, come quelli personali e affettivi, per considerare localizzato in Italia il centro di affari e interessi.
In merito al concetto di domicilio la Cassazione ha chiarito che lo stesso va inteso come sede principale degli affari ed interessi economici nonché delle relazioni personali. La permanenza in un determinato luogo e l’intenzione di abitarvi in modo stabile, rivelata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento di normali relazioni sociali costituiscono i presupposti di fatto della nozione di domicilio.
Affinché sussista il requisito della ‘abitualità della dimora’ - dice la Cassazione - non è necessaria la continuità o la definitività. La dimora abituale permane anche se il soggetto lavora o svolge attività al di fuori del comune di residenza, purché vi conservi l’abitazione, vi ritorni quando possibile e mostri l’intenzione di mantenervi il centro delle proprie relazioni familiari e sociali. La residenza, dunque, non viene meno per assenza anche prolungate per studio, lavoro, cura ecc.
L’articolo 3 del Tuir dispone che i residenti in Italia devono sottoporre ad imposizione nel Bel Paese tutti i loro redditi, ovunque prodotti. I soggetti non residenti saranno assoggettati a imposizione in Italia sulla base dei criteri di territorialità indicati nell’articolo 23 del Tuir.
Il comma 2-bis dell’articolo 2 del Tuir, per contrastare il fenomeno della migrazione fittizia verso Paesi a fiscalità privilegiata, ha introdotto una presunzione relativa di residenza fiscale che considera residente in Italia le persone cancellate dall’anagrafe della popolazione residente in Italia e trasferite in Paesi a regime fiscale privilegiato individuati dal decreto del Min. Finanze del 4 maggio 1999.
Il progresso tecnologico ha favorito la diffusione di forme di lavoro ‘agili’ o da remoto che non richiedono la presenza fisica nei locali aziendali e l’emergenza legata alla pandemia ne ha accelerato l’utilizzo. La normativa interna non ha subìto modifiche sulle regole di determinazione della residenza ai fini fiscali, nonostante i cambiamenti organizzativi che hanno interessato imprese, professionisti e pubblica amministrazione. Cambiamenti apportati dallo smart working.
L’Agenzia delle Entrate ha ribadito che l’attività di lavoro dipendente è esercitata nel luogo ove il dipendente è fisicamente presente mentre svolge il lavoro, ma ha precisato che una persona fisica iscritta all’Aire e rientrata in Italia a seguito della pandemia è considerata fiscalmente residente in Italia, in quanto ha il domicilio nel nostro Paese per la maggior parte del periodo d’imposta.
Nella risposta all’interpello n. 626/2921 l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che il reddito percepito da una cittadina italiana iscritta all’Aire a fronte di un’attività di lavoro svolta in smart working dall’Italia alle dipendenze di una società estera, è imponibile nel luogo di prestazione dell’attività lavorativa, salvo il disposto della normativa convenzionale qualora applicabile.
Chi si è cancellato dalle anagrafi della popolazione residente in Italia e si è trasferito in uno degli Stati o territori individuati dal decreto del Mef 4 maggio 1999 per svolgere un’attività di lavoro da remoto per un datore localizzato in un terzo Stato, continuerà ad essere considerato residente e soggetto a tassazione in Italia per tutti i suoi redditi. Di conseguenza, non si considera assoggettabile ad imposizione il soggetto non residente in Italia che dal suo Paese di residenza lavora per un datore italiano.
Regimi speciali applicabili in caso di svolgimento dell’attività lavorativa in Italia
Nonostante l’incremento del lavoro agile non sono state apportate modifiche alla normativa interna che incidano sulle regole di determinazione della residenza delle persone fisiche ai fini fiscali. Continuano, pertanto, ad applicarsi le disposizioni di cui all’articolo 2 del Tuir. Ciò vale anche ai fini dell’applicazione dei regimi agevolativi rivolti alle persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia per lavorarvi in qualità di lavoratore impatriato o di docente e ricercatore.
Entrambi presuppongono il trasferimento della residenza in Italia da parte di chi ne fruisce. Prima del trasferimento occorre che l’interessato abbia mantenuto la residenza fiscale all’estero per un periodo di tempo minimo, variabile a seconda dell’agevolazione.
Il regime agevolativo è riservato alle persone fisiche che si trasferiscono in Italia. I redditi di lavoro dipendente, quelli di lavoro autonomo prodotti in Italia, concorrono alla formazione del reddito complessivo solo al 30% del loro ammontare qualora:
- i lavoratori non sono stati residenti in Italia nei due periodi d'imposta precedenti il trasferimento e si impegnano a risiedere in Italia per almeno due anni:
- l’attività lavorativa è prestata prevalentemente nel territorio italiano.
Questo regime è applicabile dal periodo d’imposta in cui il lavoratore trasferisce la residenza fiscale in Italia e per i successivi periodi d'imposta agevolabili, relativamente ai soli redditi prodotti in Italia. Si considerano prodotti in Italia i redditi di lavoro dipendente prestati nel territorio dello Stato, anche se remunerati da un soggetto estero.
Può accedere al ‘regime speciale per lavoratori impatriati’ il soggetto che si trasferisce in Italia, pur continuando a lavorare in smart working alle dipendenze di un datore di lavoro estero, a partire dal periodo d’imposta in cui avviene il trasferimento.
Il regime speciale per docenti e ricercatori richiede che sussista un collegamento tra il trasferimento della residenza in Italia del docente o ricercatore e lo svolgimento dell’attività produttiva del reddito agevolabile.
Trasferimenti fittizi di residenza all’estero
La diffusione del lavoro agile ha acuito i fenomeni di trasferimenti fittizi di residenza all’estero, in quanto la modalità di prestazione lavorativa a distanza rende meno immediata l’individuazione del luogo di presenza fisica del lavoratore nel corso dell’anno. La circolare n. 304/1997 evidenzia la necessità di dare impulso ad attività investigative e di intelligence che consentano di individuare i fenomeni di trasferimenti fittizi. Le indagini mirano ad accertare la simulazione di chi, nonostante abbia trasferito la residenza all’estero, mantenga il centro dei propri interessi in Italia.
L’iscrizione all’Aire e la circostanza di prestare attività lavorativa da remoto per un soggetto estero non bastano ad escludere la residenza fiscale in Italia qualora, da una valutazione complessiva dei rapporti economici, patrimoniali e affettivi, risultino integrati i criteri di individuazione della residenza fiscale in Italia.
Applicazione delle Convenzioni contro le doppie imposizioni
La residenza fiscale nella normativa convenzionale
La normativa interna va coordinata con le disposizioni contenute nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia con i singoli Stati esteri, la cui prevalenza sul diritto interno è riconosciuta nell’ordinamento italiano e in ambito tributario.
Con riferimento alla residenza fiscale, rileva l’art. 4 del Modello di Convenzione Ocse contro le doppie imposizioni il quale stabilisce che ‘ai fini della presente Convenzione, l’espressione ‘residente in uno stato contraente’ designa ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, è ivi assoggettata ad imposta a motivo del suo domicilio, residenza, sede di direzione o di ogni altro criterio di natura analoga. Tuttavia, tale espressione non comprende le persone che sono assoggettate ad imposta in questo Stato soltanto per il reddito che esse ricavano da fonti situate in detto Stato’.
Solo ove le normative interne dei Paesi contraenti entrino in conflitto la fattispecie trova risoluzione con l’attribuzione della residenza ad uno solo dei due Paesi. Ciò potrebbe verificarsi, ad esempio, nel caso in cui un soggetto acquisisca la residenza nel Paese in cui è contrattualmente fissata la propria sede lavorativa, ma mantenga, la dimora abituale o il domicilio in Italia dove può lavorare anche in smart working.
In questi casi prevale il criterio dell’abitazione permanente, cui seguono il centro degli interessi vitali, il soggiorno abituale e la nazionalità del contribuente.
La nozione di abitazione permanente si riferisce ad un immobile attrezzato e reso idoneo ad una lunga permanenza nello stesso. A rilevare è il fatto che la persona fisica abbia predisposto l’abitazione per utilizzarla in modo duraturo e continuo e non occasionalmente.
Inoltre, quando la persona fisica dispone di un’abitazione permanente in entrambi gli Stati contraenti, sarà considerata residente, in virtù del criterio del centro degli interessi vitali, nel Paese nel quale le sue relazioni personali ed economiche sono più strette. Se non è possibile individuare la residenza in base ai due criteri sopra citati, una persona fisica sarà considerata residente dello Stato in cui soggiorna abitualmente.
L’applicazione della normativa convenzionale presenta particolare rilevanza per le implicazioni sullo smart working, visto che è possibile lavorare per un soggetto stabilito in uno Stato estero, senza dover modificare la propria residenza.
A titolo di esempio, la circolare rinvia al caso del cittadino italiano che si è trasferito all’estero, dove lavora in smart working, e che ha mantenuto l’iscrizione nelle anagrafi della popolazione residente in Italia per la maggior parte del periodo d’imposta. Si ipotizzi che il contribuente abbia venduto l’appartamento italiano e acquistato un immobile nello Stato estero come sua abitazione permanente. Si ipotizzi, altresì, che lo stesso soggetto sia iscritto anche all’anagrafe dello Stato di trasferimento e che, pertanto, tale Stato lo consideri residente in base alla sua normativa interna. Per dirimere il conflitto di residenza trovano applicazione specifiche regole (le tie breaker rules) stabilite nel Trattato tra l’Italia e lo Stato estero. In particolare, l’abitazione permanente in quest’ultimo, dove il lavoratore svolge smart working, può configurare il criterio dirimente ai fini della determinazione della residenza.
Applicazione delle Convenzioni allo smart working
Il nuovo modello organizzativo del lavoro agile necessita di chiarimenti di coordinamento con le disposizioni convenzionali che ripartiscono la potestà impositiva in relazione a determinati redditi, con particolare riferimento agli articoli 15, 7, 5 e 14 del Modello Ocse come recepiti nei Trattati conclusi dall’Italia.
Redditi di lavoro dipendente
L’art. 15 del Modello Ocse, recepito nelle Convenzioni negoziate dall’Italia, prevede la tassazione esclusiva dei redditi da lavoro subordinato nello Stato di residenza del contribuente, a meno che tale attività lavorativa non venga svolta nell’altro Stato contraente; in tale ultima ipotesi i predetti redditi devono essere assoggettati ad imposizione in entrambi i Paesi.
L’articolo in parola stabilisce, in primis, la tassazione esclusiva dei redditi di lavoro dipendente nello Stato di residenza quando l’attività è ivi svolta. Nel caso in cui lo Stato di residenza e quello della fonte non coincidano, si applica un regime di imposizione concorrente.
Viene ripristinata la tassazione esclusiva nello Stato di residenza anche quando l’attività lavorativa è svolta nello Stato della fonte, ove ricorrono congiuntamente tre condizioni:
- il beneficiario dei redditi di lavoro dipendente soggiorna nello Stato della fonte per periodi non superiori in totale a 183 giorni nell’anno fiscale considerato;
- le remunerazioni sono pagate da o a nome di un datore di lavoro che non è residente nello Stato della fonte;
- l’onere delle remunerazioni non è sostenuto da una stabile organizzazione o da una base fissa che il datore di lavoro ha nello Stato della fonte.
In applicazione delle disposizioni convenzionali, quindi, un soggetto non residente che svolge la sua attività di lavoro dipendente in Italia è assoggettato a imposizione nel nostro Paese in relazione ai redditi imputabili all’attività prestata nel territorio dello Stato. Non inficia la modalità di svolgimento della prestazione. Significa che anche quando è svolta da remoto per un datore estero, si considera comunque prestata in Italia, con conseguente riconoscimento della potestà impositiva italiana.
Il lavoro dipendente si considera svolto nel luogo in cui il lavoratore è fisicamente presente quando svolge la prestazione per cui è pagato, indipendentemente dalla circostanza che la manifestazione di tale lavoro abbia effetti nell’altro Stato contraente.
La disposizione convenzionale è coerente con l’articolo 23 del Tuir che considera prodotti in Italia ‘i redditi di lavoro dipendente prestato nel territorio dello Stato’.
Ipotizziamo, ad esempio, il caso di un cittadino italiano che prima del Covid-19 sia stato assunto da un’impresa stabilita nello Stato X (con cui l’Italia ha in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni), dove ha provveduto a trasferire la residenza. Con la pandemia il lavoratore ha iniziato a fruire del lavoro agile, che ha svolto in Italia per l’impossibilità di rientrare nello Stato X a causa delle limitazioni alla circolazione dettate da ragioni sanitarie. Cessate le restrizioni alla circolazione, il lavoratore continua a lavorare in Italia in smart working.
In tal caso, i redditi del lavoratore per il lavoro svolto da remoto nel territorio dello Stato, sia durante l’emergenza pandemica che dopo, sono imponibili in Italia. Non rileva né la circostanza che, in assenza di accordi di smart working, il lavoratore si dovrebbe recare fisicamente presso i locali dell’impresa nello Stato X, né l’eventuale origine forzosa dello stabilimento a causa delle restrizioni alla circolazione.
Tale conclusione trova riscontro nella risposta a interpello n. 50/2023, in cui è stato chiarito che il reddito da lavoro dipendente, erogato ad un soggetto fiscalmente residente in Italia da parte di un datore di lavoro irlandese, a fronte di una attività lavorativa svolta in parte in Italia, in modalità agile, e in parte in Irlanda, presso la sede della società, deve, ai sensi dell’articolo 14 della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia ed Irlanda, essere assoggettato a tassazione esclusiva in Italia (Stato di residenza), per la parte derivante dall’attività svolta in smart working in Italia, ed a tassazione concorrente, sia in Italia che in Irlanda, per la parte derivante dall’attività svolta in Irlanda.
PARTE SECONDA. La disciplina tributaria dei lavoratori frontalieri. Le novità introdotte dalla legge n. 83/2023
La seconda parte della circolare è dedicata alla disciplina fiscale dei lavoratori frontalieri, ossia dei lavoratori, dipendenti o autonomi, che svolgono la propria attività in uno Stato membro diverso da quello in cui risiede e che ritorna nel Paese di residenza quotidianamente o almeno una volta a settimana. Questo inquadramento non vale dal punto di vista tributario, per il quale la disciplina del lavoratore frontaliere va ricercata nelle legislazioni nazionali e nelle singole Convenzioni contro le doppie imposizioni.
In merito al reddito derivante dal lavoro dipendente prestato all’estero, il lavoratore frontaliero usufruisce di una franchigia da imposizione dall’Irpef di 7.500 euro. Tale regime è applicabile esclusivamente ai lavoratori dipendenti che risiedono in Italia e che quotidianamente si recano all’estero per lavorare, ad esempio Francia, Austria, San Marino, Città del Vaticano.
La disciplina tributaria del lavoratore frontaliere è contenuta anche in alcune Convenzioni contro le doppie imposizioni e accordi stipulati dall’Italia con gli Stati confinanti. La circolare si sofferma sulla Convenzione tra Italia ed Austria, tra Italia e Francia, tra Italia e San Marino e tra Italia e Svizzera.
Ferma restando la prevalenza sull’ordinamento interno, la funzione di tale normativa convenzionale è quella di regolamentare la ripartizione della potestà impositiva tra gli Stati, per cui, una volta attribuita la potestà impositiva allo Stato italiano, l’applicazione della normativa interna resta condizionata alla sussistenza dei requisiti previsti da quest’ultima.
L’Agenzia delle Entrate si sofferma sulla Convenzione contro le doppie imposizioni che l’Italia ha sottoscritto con Austria, Francia e San Marino. Naturalmente ampio spazio viene dedicato agli accordi del 1974 e del 2020 stipulati con la Svizzera.
Dopo un primo accordo del 1974 Italia e Svizzera hanno concluso una nuova intesa il 23 dicembre 2020, che sarà applicabile dal 1°gennaio 2024.
L’accordo del 1974 regolamenta esclusivamente l’imposizione dei frontalieri residenti in Italia che svolgono attività lavorativa in Svizzera. Alla luce di questo accordo, un lavoratore frontaliero in Svizzera vede la sua remunerazione imponibile soltanto in Svizzera. Questo accordo fornisce una definizione generica di lavoratore ‘frontaliere’ che va riconosciuta ai lavoratori che siano residenti in un Comune il cui territorio sia compreso nella fascia di 20 Km dal confine con la Svizzera, dove si reca per svolgere attività di lavoro dipendente.
Devono essere riconosciuti quali lavoratori frontalieri solo i lavoratori dipendenti che sono residenti in Italia e quotidianamente si recano all’estero in zone di frontiera per svolgere la prestazione lavorativa.
Come detto, il 23 dicembre 2020 Italia e Svizzera hanno stipulato un nuovo accordo, ratificato con la legge n. 83/2023 che entrerà in vigore il 1°gennaio 2024.
Il nuovo accordo fornisce una nuova definizione di ‘lavoratore frontaliere’. Lo è il lavoratore che:
- è fiscalmente residente in un Comune il cui territorio si trova, totalmente o parzialmente, nella zona di 20 Km dal confine con l’altro Stato contraente;
- svolge un’attività di lavoro dipendente nell’area di frontiera dell’altro Stato, per un datore di lavoro residente, una stabile organizzazione o una base fissa di detto altro Stato;
- ritorna, in linea di principio, quotidianamente al proprio domicilio principale nello Stato di residenza.
A differenza dell’accordo del 1974 il nuovo disciplina tanto il trattamento dei frontalieri elvetici che lavorano in Italia quanto quello dei frontalieri italiani che lavorano in Svizzera, secondo un principio di reciprocità. La novità principale sta nel regime impositivo di cui godono i frontalieri: alla tassazione esclusiva nel Paese della fonte prevista dall’accordo del 1974 subentra una tassazione concorrente tra Paese della fonte e Paese di residenza.
In virtù del nuovo accordo, il reddito da lavoro dipendente dei lavoratori frontalieri è imponibile nello Stato in cui è prestata l’attività lavorativa mediante ritenuta alla fonte, in misura pari fino a un massimo dell’80% di quanto dovuto in base alle disposizioni Irpef. Lo Stato di residenza del lavoratore, a sua volta, tassa per concorrenza il reddito per l’intero ammontare, garantendo l’eliminazione della doppia imposizione giuridica secondo quanto previsto dalla Convenzione tra Italia e Svizzera.
Lo Stato contraente in cui viene svolta l’attività lavorative deve trasmettere allo Stato di residenza, entro il 20 marzo dell’anno successivo, le informazioni rilevanti ai fini dell’imposizione del frontaliere. Le informazioni scambiate in base al nuovo accordo possono essere utilizzate solo ai fini dell’imposizione di salari, stipendi e remunerazioni analoghe ricevute dai frontalieri.
Eliminazione delle Svizzera dall’elenco delle black list
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, con decreto del 20 luglio 2023, ha provveduto a cancellare la Svizzera dall’elenco degli Stati fiscalmente privilegiati ai fini Irpef (c.d. black list persone fisiche). Dunque, dal periodo di imposta 2024, la Svizzera deve essere considerata esclusa dall’elenco degli Stati fiscalmente privilegiati ai fini Irpef.
Ulteriori novità introdotte dalla legge n. 83 del 2023
La legge n. 83/2023 ha introdotto nuove disposizioni in merito alla tassazione dei lavoratori frontalieri, applicabili dall’anno successivo a quello in corso alla data di ratifica ed esecuzione del nuovo Accordo, ossia a decorrere dal 2024.
La citata legge ha previsto un innalzamento della soglia di franchigia applicabile ai lavoratori frontalieri dagli attuali 7.500 euro a 10.000 euro. Tale innalzamento investe tutti i lavoratori frontalieri e non solo quelli che lavorano nelle zone di frontiera in Svizzera.
I contributi previdenziali per il prepensionamento previsti a carico dei lavoratori frontalieri sono deducibili dal reddito complessivo nell’importo risultante da idonea documentazione. Esclusi dalla base imponibile Irpef gli assegni di sostegno al nucleo familiare erogati ai lavoratori frontalieri dagli enti previdenziali dei Paesi in cui i primi prestano la loro attività.
Fino al prossimo 31 dicembre trova applicazione un regime transitorio per gli ‘attuali frontalieri’, ovvero per i frontalieri che hanno in corso un rapporto di lavoro al momento dell’entrata in vigore dell’Accordo, e che è differente dal regime cui saranno assoggettati i ‘nuovi frontalieri’.
Il nuovo Accordo prevede:
- un regime transitorio per chi svolge o ha svolto lavoro dipendente in Svizzera per un datore elvetico tra il 31 dicembre 2018 e la data di entrata in vigore del nuovo Accordo. Questi continueranno ad essere assoggettati a imposizione esclusivamente in Svizzera. A titolo di compensazione i Cantoni Ticino, Vallese e Grigioni provvederanno a redistribuire in Italia, sino al 2033, il 40% dell’ammontare lordo delle imposte su salari e stipendi pagati dai frontalieri italiani;
- un regime ordinario, applicabile a chi verrà assunto dopo l’entrata in vigore del nuovo Accordo. Per i ‘nuovi frontalieri’ la Svizzera applicherà un’imposta dell’80% sul reddito di lavoro dipendente, mentre l’Italia potrà assoggettare a imposizione l’intero reddito, riconoscendo ai frontalieri un credito per l’imposta pagata in Svizzera.
La legge n. 83/2023 ha previsto che, a decorrere dal 1°febbraio 2023 e non oltre il 30 giugno 2023, i giorni di lavoro svolti nello Stato di residenza in smart working, fino al 40% del tempo di lavoro, dai lavoratori frontalieri che rientrano nel campo di applicazione dell’Accordo tra Italia e Svizzera relativo all’imposizione dei lavoratori frontalieri, si considerano effettuati nell’altro Stato.
Solo per i lavoratori frontalieri che al 31 marzo 2022 svolgevano l’attività lavorativa in modalità agile, il decreto legge n. 75/2023 ha previsto l’estensione del periodo di applicazione delle disposizioni di cui all’art. 12, comma 1, della legge n. 83/2023, fino al 31 dicembre 2023.
Le nuove disposizioni contengono, pertanto, una disciplina provvisoria applicabile ai residenti in Italia che possono qualificarsi come frontalieri in Svizzera in base all’Accordo del 1974. Per tali soggetti i giorni di lavoro svolti in Italia in smart working, fino al 40% del tempo di lavoro, si considerano giorni lavorati svolti in Svizzera.
(Vedi circolare n. 25 del 2023)
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Crediti d’imposta nel settore energetico e aliquota Iva nel settore del gas. Legge di Bilancio 2023; legge n. 6/2023; decreto legge n. 34/2023; decreto legge n. 57/2023 |
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Venerdì, 11 Agosto , 2023 |
L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 24/E del 2 agosto 2023, fornisce chiarimenti in merito alle agevolazioni fiscali previste a sostegno delle imprese in relazione alle spese sostenute per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonché per l’Iva applicabile alle forniture di gas metano per combustione.
Il documento di prassi amministrativa giunge dopo le proroghe ai crediti d’imposta di luce e gas relativi al primo semestre 2023 e l’Iva al 5% per le forniture di gas metano per combustione previste fino al terzo trimestre di quest’anno.
Le modifiche normative in commento riguardano:
- l’articolo 1, comma 3, del decreto Aiuti-quater;
- l’articolo 1, commi da 2 a 8 e 13, 14 e 16 della legge di Bilancio 2023;
- gli articoli 2 e 4 del decreto legge n. 34/2023 ovvero decreto ‘Bollette’;
- l’articolo 3-bis del decreto legge n. 57/2023.
Sono disposizioni finalizzate a contenere gli effetti negativi degli incrementi dei prezzi del settore energetico.
In merito alle agevolazioni per l’acquisto di energia e gas i chiarimenti riguardano i crediti d’imposta relativi al primo e secondo trimestre 2023 ed i crediti d’imposta relativi al terzo e quarto trimestre 2022.
Per quanto concerne la riduzione dell’aliquota Iva nel settore del gas, il documento di prassi amministrativa si sofferma sulla riduzione dell’aliquota Iva per le somministrazioni di gas metano usato per combustione relativo al terzo trimestre 2023 e sulla riduzione dell’Iva per le somministrazioni di energia termica e le forniture di servizi di teleriscaldamento sempre relativo al terzo trimestre 2023.
CREDITI D’IMPOSTA PER L’ACQUISTO DI ENERGIA E GAS
Crediti d’imposta relativi al primo e secondo trimestre 2023
La manovra 2023 ha prorogato alcuni contributi straordinari attribuiti alle imprese per l’acquisto di luce e gas nella forma di crediti di imposta. Ci riferiamo ai crediti d’imposta previsti a favore di imprese energivore e non energivore e gasivore e non gasivore, in misura percentuale differenziata in base al tipo di beneficio, al bene acquistato e al periodo di spettanza, per l’acquisto, rispettivamente, di energia elettrica e di gas naturale; i crediti d’imposta in esame sono utilizzabili esclusivamente in compensazione entro il 31 dicembre 2023.
In relazione al primo trimestre 2023, tutti i benefici fiscali in esame non possono trovare applicazione per le imprese costituite dopo il 31 dicembre 2022, non essendo possibile verificare l’effettivo incremento del costo riferibile al soggetto, in quanto non sussiste il parametro di riferimento per il quarto trimestre 2022.
In forza del comma 7 dell’articolo 1 della legge di Bilancio 2023, i crediti d’imposta in esame sono utilizzabili entro il 31 dicembre 2023, esclusivamente in compensazione.
Per consentire l’utilizzo in compensazione e, quindi, tramite il mod. F24, da presentare esclusivamente tramite i servizi telematici delle Entrate, con la risoluzione n. 8/E/2023, sono stati istituiti i seguenti codici tributo:
- ‘7010’ denominato ‘credito d’imposta a favore delle imprese energivore (primo trimestre 2023) - Art. 1, c. 2, legge di Bilancio 2023;
- ‘7011’ denominato ‘credito d’imposta a favore delle imprese non energivore (primo trimestre 2023) - Art. 1, c.3, legge di Bilancio 2023;
- ‘7012’ denominato ‘credito d’imposta a favore delle imprese non energivore (primo trimestre 2023) - Art. 1, c.4, legge di Bilancio 2023;
- ‘7013’ denominato ‘credito d’imposta a favore delle imprese diverse da quelle a forte consumo di gas naturale (primo trimestre 2023) - Art. 1, c.5, legge di Bilancio 2023.
L’articolo 4 del decreto ‘Bollette’ ha riconosciuto il contributo straordinario in favore delle imprese, per l’acquisto di energia elettrica e gas, anche per il secondo trimestre del 2023. Sempre l’articolo 4 del decreto ‘Bollette’ al comma 7, prevede che i crediti d’imposta relativi al secondo semestre 2023 sono utilizzabili entro il 31 dicembre 2023, esclusivamente in compensazione.
Sia i crediti d’imposta relativi al primo trimestre 2023 che quelli concernenti il secondo trimestre 2023 non possono essere chiesti a rimborso.
Con riferimento ai crediti d’imposta in favore delle imprese ‘energivore’ e ‘non energivore’, si evidenzia che, ai fini della verifica del presupposto per l’accesso a detti benefici, non rientra nella nozione di ‘sussidio’ il credito d’imposta riconosciuto per il trimestre precedente.
In riferimento ai crediti d’imposta per l’acquisto di gas naturale, qualora dovessero subentrare conguagli per la rettifica di dati effettivi, risultati errati, l’impresa che abbia fruito del credito d’imposta per l’acquisto di energia elettrica in misura maggiore rispetto a quella risultante dal conguaglio deve procedere a riversare il maggior importo utilizzato in compensazione, aumentato degli interessi nel frattempo maturati.
Diversamente, l’impresa che abbia utilizzato il credito d’imposta per l’acquisto di energia elettrica in misura minore rispetto a quella risultante dal conguaglio per la rettifica può fruire in compensazione del maggior credito d’imposta spettante, fermo restando il termine ultimo di utilizzo in compensazione.
L’articolo 1, comma 8, della legge di Bilancio 2023 e l’articolo 4, comma 8, del decreto ‘Bollette’ dispongono, rispettivamente, per i crediti d’imposta del primo e del secondo trimestre 2023, che gli stessi sono cedibili, solo per interi, dalle imprese beneficiarie ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, senza facoltà di successiva cessione. È possibile, inoltre, effettuare due ulteriori cessioni, successive alla prima, solo a favore di: banche e intermediari finanziari, società appartenenti a un gruppo bancario; imprese di assicurazione autorizzate ad operare in Italia.
La cessione dei crediti d’imposta relativi al primo e secondo trimestre 2023 deve essere oggetto di apposita comunicazione.
Per consentire ai cessionari dei crediti d’imposta del primo trimestre 2023 l’utilizzo in compensazione, l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 17/E/2023, ha istituito i codici tributi che vanno ‘7746’, ‘7747’, ‘7748’ e ‘7749’ per la cessione, rispettivamente, del credito d’imposta a favore di: imprese energivore (primo trimestre 2023); imprese non energivore (primo trimestre 2023); imprese a forte consumo di gas naturale (primo trimestre 2023) e imprese diverse da quelle a forte consumo di gas naturale (primo trimestre 2023).
Per i crediti d’imposta del primo e del secondo trimestre 2023, la legge di Bilancio 2023 e il decreto ‘Bollette’ dispongono che, in caso di cessione del credito d’imposta, le imprese beneficiarie devono richiedere il visto di conformità dei dati relativi alla documentazione attestante la sussistenza dei presupposti che danno diritto ai crediti d’imposta oggetto di cessione.
Ulteriori chiarimenti rispetto ai crediti d’imposta relativi al terzo e quarto trimestre 2022
La legge n. 6/2023, di conversione del decreto legge n. 176/2022, ha prorogato al 30 settembre prossimo il termine di utilizzo in compensazione dei crediti d’imposta per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale relativi al terzo e quarto trimestre 2022.
I beneficiari dei crediti d’imposta per l’acquisto di luce e gas relativi al terzo trimestre e al quarto trimestre 2022 sono tenuti a comunicare, entro il 16 marzo 2023, all’Agenzia delle Entrate, l’importo del credito maturato nell’esercizio 2022. La mancata presentazione nei termini dell’anzidetta comunicazione può essere sanata con l’istituto della ‘remissione in bonis’.
Non possono fruire dei bonus energetici relativi al quarto trimestre 2022 le imprese che hanno aderito al piano di rateizzazione di cui all’art. 3, comma 2, del decreto legge n. 176/2022, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 6/2023.
RIDUZIONE ALIQUOTA IVA NEL SETTORE DEL GAS
Riduzione aliquota Iva per le somministrazioni di gas metano usato per combustione - terzo trimestre 2023
L’articolo 3-bis, comma 4, del decreto legge n. 57/2023 stabilisce che le somministrazioni di gas metano destinato alla combustione per usi civili e industriali, contabilizzate nelle fatture emesse per i consumi stimati o effettivi dei mesi di luglio, agosto e settembre 2023, sono assoggettate all’Iva del 5%. Qualora le somministrazioni siano contabilizzate sulla base di consumi stimati, l’aliquota Iva del 5% si applica anche alla differenza tra gli importi stimati e gli importi ricalcolati sulla base dei consumi effettivi riferibili ai mesi di luglio, agosto e settembre 2023.
L’Iva al 5% si applica anche alle somministrazioni di gas metano per combustione per usi civili e industriali. Anche se temporaneamente, l’Iva al 5% si applica sia alle somministrazioni di gas metano per usi civili e industriali di norma assoggettate all’aliquota del 10%, sia a quelle per usi civili e industriali ordinariamente assoggettate all’aliquota del 22%.
L’aliquota del 5% è applicabile pure agli impieghi di gas metano per combustione rientranti nelle destinazioni annoverate tra le esenzioni dal pagamento dell’accisa, di cui all’articolo 17 del TUA e a quelli assoggettati ad aliquota ridotta, così come disciplinati dall’art. 24 del TUA.
Non fruiscono dell’aliquota agevolata, invece, le somministrazioni di gas metano utilizzato per la produzione di energia elettrica.
Riduzione dell’Iva per le somministrazioni di energia termica e le forniture di servizi di teleriscaldamento - terzo trimestre 2023
L’articolo 3-bis, comma 5, del decreto legge n. 57/2023 ha esteso l’agevolazione Iva al 5% anche alle forniture di servizi di teleriscaldamento nonché alle somministrazioni di energia termica prodotta con gas metano in esecuzione di un contratto di servizio di energia di cui all’articolo 16, comma 4, del decreto legislativo n. 115/2008, contabilizzate per i consumi stimati o effettivi relativi al periodo dal 1°luglio 2023 al 30 settembre 2023.
Per quanto concerne i servizi di teleriscaldamento, l’art. 2, comma 2, lettera gg), del decreto legislativo n. 102/2014 prevede che per ‘rete di teleriscaldamento e teleraffreddamento si intende qualsiasi infrastruttura di trasporto dell’energia termica da una o più fonti di produzione verso una pluralità di edifici o siti di utilizzazione, realizzata prevalentemente su suolo pubblico, finalizzata a consentire a chiunque interessato, nei limiti consentiti dall’estensione della rete, di collegarsi alla medesima per l’approvvigionamento di energia termica per il riscaldamento o il raffreddamento di spazi, per processi di lavorazione e per la copertura del fabbisogno di acqua calda sanitaria’.
Il Direttore dell’Agenzia delle Entrate, con il provvedimento del 15 febbraio 2023, ha specificato che l’aliquota ridotta si applica a tutte le componenti di costo del servizio di teleriscaldamento.
Con riferimento al contratto di servizio energia, si richiama l’allegato II del Dlgs n. 115/2008, al quale fa rinvio l’art. 16, comma 4, del medesimo decreto, il quale definisce lo stesso come ‘un contratto che (...) disciplina l’erogazione dei beni e servizi necessari alla gestione ottimale ed al miglioramento del processo di trasformazione e di utilizzo dell’energia’.
Per il contratto di servizio di energia, analoga agevolazione Iva è stata prevista:
- dall’art. 5, comma 2, del decreto ‘Aiuti-bis’ per consumi stimati o effettivi dal 1°ottobre 2022 al 31 dicembre 2022;
- dall’art. 1, comma 14, della legge di Bilancio 2023 per consumi stimati o effettivi dal 1°gennaio 2023 al 31 marzo 2023;
- dall’art. 2, comma 2, del decreto ‘Bollette’ per consumi stimati o effettivi dal 1°aprile 2023 al 30 giugno 2023.
L’aliquota Iva al 5% trova quindi applicazione anche con riferimento alle forniture di servizi di teleriscaldamento e alle somministrazioni di energia termica, prodotta con gas metano in esecuzione di un contratto di servizio energia, contabilizzate nelle fatture emesse per i consumi relativi al periodo dal 1°luglio 2023 al 30 settembre 2023, sia che essi siano semplicemente stimati sia che si tratti di consumi effettivi.
(Vedi circolare n. 24 del 2023)
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Istituzione dei codici tributo per il versamento delle somme dovute per la regolarizzazione delle cripto-attività e dei relativi redditi |
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Venerdì, 11 Agosto , 2023 |
La legge di Bilancio 2023 ha introdotto una procedura di regolarizzazione delle cripto-attività. Persone fisiche, enti non commerciali e società semplici ed equiparate residenti in Italia che detengono cripto-attività in violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale e/o hanno omesso di indicare i relativi redditi nella propria dichiarazione annuale dei redditi, hanno la possibilità di regolarizzare la propria posizione presentando spontaneamente apposita istanza e versando un importo commisurato al valore delle cripto-attività e/o dei redditi non dichiarati.
Il versamento delle somme dovute è effettuato con modello F24 ed è esclusa la compensazione.
Per consentire il versamento, tramite modello ‘F24 Versamenti con elementi identificativi’ (F24 ELIDE), delle somme in parola, l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 50/E del 9 agosto 2023, ha istituito i seguenti codici tributo:
- ‘1718’ denominato ‘Emersione delle cripto-valute - art. 1, commi da 138 a 142, legge di Bilancio 2023 - Sanzione per violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale’;
- ‘1719’ denominato ‘Emersione delle cripto-attività - art. 1, commi da 138 a 142, legge di Bilancio 2023 - Imposta sostitutiva dovuta sui valori delle cripto-attività oggetto dell’istanza di regolarizzazione’.
In sede di compilazione del modello ‘F24 ELIDE’, i suddetti codici tributo sono esposti in corrispondenza delle somme indicate nella colonna ‘importi a debito versati’.
(Vedi risoluzione n. 50 del 2023)
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